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Osservazioni di Legambiente FVG al Piano Regolatore comunale di Udine – sintesi

Legambiente ha formulato le osservazioni in allegato al nuovo PRG di Udine, nello spirito collaborativo che ha caratterizzato la fase di predisposizione del Piano sin dall’inizio, in continuità con le prime proposte inviate a novembre 2010 e illustrate all’ass. Santoro (dic 2010) e successivamente presentate alla Consulta Urbanistica comunale (giu 2011).

Nel documento Legambiente aveva proposto alcune questioni strategiche per il futuro della città: l’edificazione e la riduzione di consumo di suolo; il sistema del verde e del blu urbano; la mobilità sostenibile; la questione energetica; la questione dei rifiuti e la questione della salute, della partecipazione e della sicurezza.
Consci che non tutti gli argomenti proposti avessero una diretta presa sul nuovo PRG, si era cercato di delineare un quadro complessivo di strategie e di tematiche che potessero disegnare gli elementi di riferimento per la città del prossimo ventennio, in linea con le emergenze, quali quelle sopra riportate, che appaiono decisive per affrontare temi quali la sostenibilità, la replicabilità, la vivibilità nella città.
A fronte della proposta di Piano avanzata dall’Amministrazione, particolare attenzione ci è parso di dover dare alle questioni più direttamente correlate alla natura e agli scopi del Piano stesso, cui Legambiente ha dedicato una particolare attenzione, tradotto nelle Osservazioni. In particolare:

  • il consumo di suolo;
  • l’ambiente nella città, inteso come sistema del verde e delle acque;
  • la mobilità;
  • l’energia;
  • l’housing sociale.

Il Documento presentato alla stampa e all’Amministrazione di Udine è frutto del lavoro del Gruppo Urbanistica del Circolo di Udine, coordinato da Emilio Gottardo, ai cui membri va il sentito ringraziamento di tutta l’Associazione.


1. CONSUMO DI SUOLO ED EDIFICABILITA’

Pur riconoscendo al nuovo Piano  il pregio di aver avviato un’inversione di rotta rispetto al piano precedente e di aver cercato di interpretare alcune nuove “parole d’ordine”, quali, ad esempio, la necessità strategica di ridurre il consumo di suolo, tuttavia ci pare che alcune scelte non siano all’altezza della sfida presente, né delle potenzialità concrete, insite in un nuovo Piano, che consentono all’amministrazione di rivedere fortemente le destinazioni d’uso del territorio.
Ci si riferisce al fatto che il nuovo Piano stenta a prendere atto che i ritmi di crescita della città sono ormai molto lenti, in termini demografici, e che la crisi economica attuale non consente di prevedere, se mai fossero auspicabili, ampliamenti edificatori quali quelli cui abbiamo assistito in questi anni (frutto anche di una pericolosa bolla immobiliare) e quelli tuttora previsti dal nuovo Piano.
Infatti, pur  in presenza di una quasi assoluta stagnazione demografica, il Piano  prevede un incremento di 16.000 abitanti su cui va a calibrare la capacità insediativa teorica residenziale, prevedendo, e programmando, un incremento di oltre 50.000 stanze per nuovi 12.000 alloggi; e tutto ciò a fronte di circa 4.000 alloggi non occupati già attualmente esistenti.
Per far fronte a tale presunto incremento demografico, il Piano prevede (e programma) un consistente incremento di occupazione di suolo, ripartito in 530.000 mq di residenza (Zone A, B e C), in 190.000 mq di Zone H commerciali e in 130.000 mq di Zone D produttive, oltre a 360.000 mq di nuova ZIU per un totale di 1.210.000 mq di nuovi insediamenti (pari a oltre 170 campi di calcio).
Tali valore ragguaglia oltre il 2% della superficie territoriale comunale e va ad aggiungersi all’oltre 50% di territorio già occupato incrementando quel processo senza fine e di difficile ritorno di occupazione e consumo di suolo che oggi sta diventando uno dei temi fondamentali ed una delle sfide principali per la programmazione urbanistica (gli eventi della Lunigiana e di Genova di questi giorni ne sono l’ultima, tragica riprova).
Se il consumo di suolo a Udine è pari allo 0,6% annuo (pari a 48 campi di calcio all’anno!!!) del totale della superficie comunale, come dichiarato dal Comune, e se il territorio occupato è già superiore al 50%, allora significa che restano solo pochi decenni per saturare tutta la disponibilità residua del territorio comunale. E’ chiaro che deve suonare un campanello d’allarme!
E’ proprio per tale motivo che occorre assumere comportamenti coerenti nelle scelte di Piano, limitando al massimo il consumo di suolo ed adottando opportuni strumenti specifici per la conservazione ed il recupero delle aree (per es.: se l’intervento edilizio è richiesto su un’area libera, devono essere  garantite tecniche e materiali a impatto zero per l’intero ciclo di vita (life cycle assessment – LCA), compresa la demolizione e il ripristino dell’area)
E’ ben vero che le aree interessate da tali ampliamenti urbanistici non sono tutte aree “vergini”, cioè prive di edifici o di urbanizzazione;  ma è tuttavia vero che il processo di edificazione continuerà anche a scapito di ampie zone ancora oggi non edificate, pur in presenza di fattori che non lo rendono necessario, né auspicabile!

E’ per questo che abbiamo presentato osservazioni che puntano a:

riuso delle aree dismesse: non è detto che tutte debbano essere riutilizzate con i volumi attuali; per esse può anche essere deciso un ritorno ad un ruolo naturale o comunque ad un utilizzo di non insediabilità; a titolo d’esempio, tale scelta potrebbe essere immaginata da subito per l’area della ex Birreria Dormisch, così come per la caserma Osoppo e per le stesse aree ex SAFAU;
non edificabilità: per le zone dove attualmente è prevista un’espansione insediativa (sia essa residenziale, industriale o commerciale), serve procedere ad una verifica della loro validità in relazione all’atteso sviluppo demografico: se per le esigenze attuali esse non servissero più, vanno riportate alla non edificabilità; operazione politicamente non facile, in quanto andrebbe ad intaccare interessi consolidati, ma tecnicamente possibile con una Variante generale che interpreti adeguatamente la sostenibilità del territorio cittadino;
densificazione degli insediamenti esistenti o nuovi (co-housing, aumento delle volumetrie, utilizzo  prioritario delle frange non edificate, ecc.) che potrebbe diventare un’opportunità per favorire il minor consumo di energia e un maggior utilizzo del trasporto pubblico.
compensazione ecologica, per cui ogni intervento di trasformazione del suolo deve garantire, ad onere dell’operatore, la contestuale rinaturalizzazione di adeguate superfici di suolo, contribuendo alla costruzione di natura e al mantenimento/miglioramento della qualità ambientale complessiva.
non impermeabilizzazione dei suoli e delle pertinenze edilizie onde favorire il deflusso e la penetrazione delle acque meteoriche, conservare la capacità di assorbimento del territorio, controllare i tempi di corrivazione e limitare i rischi idrogeologici.


2. L’AMBIENTE NELLA CITTA’, ovvero IL SISTEMA DEL VERDE E DEL BLU

Il progetto di piano enfatizza l’aspetto della costruzione di un sistema di verde pubblico e privato connesso al sistema delle rogge che vada a costituire una rete in grado di innervare tutti i quartieri della città mettendo in connessione i due elementi portanti costituiti dai parchi comunali del Cormor e del Torre.
Nella realtà tale rete risulta più disegnata che reale e alle volte si appoggia su viali alberati che per quanto gradevoli e utili sono essenzialmente delle grandi vie di comunicazione più che delle arterie verdi.
L’attuazione delle connessioni tra il verde già esistente è demandata al meccanismo delle schede-norma dove sono previste e schematizzate le nuove aree verdi la cui attuazione è incerta e potrà essere anche sporadica così da inficiare il progetto di una rete del verde realmente continua. Il piano non affronta invece il tema del verde attraverso meccanismi più coraggiosi come quelli della perequazione, della premialità e della compensazione che avrebbero potuto assicurare una maggior capacità operativa da parte dell’Amministrazione per riqualificare parti importanti della città attraverso dotazioni di verde lineare e concentrato significative.
Anche il fatto che i due parchi comunali siano rimasti congelati nei vigenti progetti di parco e quindi non coinvolti in processi trasformativi più complessi come aree di compensazione rende la strategia del verde e del blu urbano poco incisiva in un momento in cui invece la richiesta, l’utilizzo e anche il valore economico indotto dal verde urbano è in continua crescita.


3. MOBILITÀ E TRAFFICO E SOSTA

Viabilità
Le valutazioni relative alla mobilità vanno considerate in relazione ai due livelli contenuti nel presente PRGC (Piano Struttura e Piano operativo) e in relazione al PUM (Piano Urbano della Mobilità), in corso di approvazione.
Nella Relazione Generale del PRGC il richiamo al PUM è esplicito, ma da una analisi dei due Piani emergono chiare difformità in merito alle ipotesi di nuova viabilità e di parziale integrazione con la viabilità esistente; in particolare non vi è menzione né riscontro, sia nel piano struttura che in quello operativo, di alcuni nodi urbani proposti nel PUM come ad esempio il collegamento tra via Bariglaria e via Monte Grappa e l’ambito posto a sud della linea ferroviaria Udine – Venezia. Inoltre in merito alle linee tranviarie di progetto previste dal PUM non vi è nessun riscontro, nemmeno nella relazione generale.
Emerge inoltre che alcune ipotesi previste nel Piano Struttura non trovano riscontro nel Piano Operativo manifestando in alcuni casi una mancanza di chiarezza che quanto proposto nel piano struttura venga poi realmente ripreso nel piano operativo.
Durante la fase preliminare di formazione del Piano, era emersa la richiesta di un’attenta pianificazione che ponesse come prioritaria la salvaguardia del territorio, la qualità e la salubrità nel suo insieme.
Fondamentale quindi la progettazione viaria che implica in primis l’immediato riscontro sulla qualità della vita di ogni cittadino.
Per il raggiungimento degli obiettivi posti dal Patto dei Sindaci, cui il comune aderisce, è’ indispensabile che la mobilità pedonale, ciclabile e quella collettiva sia potenziata a scapito di quella privata con l’inserimento, ad esempio, di nuove ZTL e di corsie preferenziali, sottraendo suolo ai parcheggi privati, disincentivando così l’immissione di veicoli privati soprattutto all’interno del Ring.
Tale progettualità deve necessariamente essere coordinata ed integrata con il Piano Urbano della Mobilità.
Evidenziamo come positiva la volontà di non ampliare in modo consistente la maglia viaria portante esistente con la conseguenza positiva di non immettere ulteriori mezzi nel territorio comunale.
È chiara la volontà del pianificatore di ricucire la rete esistente ma, per contro, si deve sottolineare anche l’assenza di una strategia volta a liberare il ring dal carico veicolare privato.
Con le osservazioni specifiche che sono state proposte, si propone una riformulazione dei nodi viari esistenti e una ristrutturazione della viabilità attraverso nuove previsioni di destinazione d’uso come già previsto dal PUM ripensando la viabilità radiale che converge verso il Ring e il Ring stesso con il fine di alleggerire la viabilità limitando quanto più possibile gli attraversamenti all’interno del centro storico, dando quindi, a quest’ultimo una nuova fruibilità.
Alcuni tratti viari esistenti ad alta capacità potrebbero essere messi in relazione con il resto della rete urbana principale per dare la possibilità di indirizzare il traffico verso itinerari alternativi al sovrautilizzato ring.

Sosta e parcheggi
Da quanto espresso nella relazione sul dimensionamento del Piano, le aree esistenti destinate alla sosta sono circa 480.000 mq. mentre quelle previste in ampliamento sono pari a 370.000 mq.
Tenendo conto che l’incremento demografico previsto non risulta particolarmente significativo ci si chiede quale sia la motivazione che porta il pianificatore alla previsione di un così alto numero di parcheggi da realizzare nell’ambito urbano.
E’ evidente che un aumento dell’offerta di posti auto incrementa inevitabilmente anche il numero di veicoli privati che si immettono nel tessuto urbano con conseguente e inevitabile disattesa del già citato obbiettivo della riduzione dei consumi e di riduzione delle emissioni.
In generale si evince che le aree destinate a parcheggi pubblici sono sovrabbondanti soprattutto in area extra-ring. Tali aree potrebbero essere convertite in aree verdi.
All’interno del Ring si riscontra che le aree destinate ai parcheggi privati (P Priv) sono in numero  consistente e  pertanto sovradimensionate soprattutto tenendo conto della effettiva richiesta di posti auto da abbinare alle unità immobiliari che non possiedono posto auto o a quelle di nuova realizzazione.
La considerevole presenza di parcheggi privati incrementerà, all’interno del ring, l’ingresso di veicoli privati con conseguente incremento di emissioni. Si ribadisce l’incongruenza con le intenzioni manifestate nella Relazione Generale del Piano.
Inoltre è necessario porre un’attenzione particolare nei confronti dell’ambito sensibile che insiste sull’area di piazza primo maggio.
S’impone una premessa: nelle Norme di attuazione le indicazioni previste per gli ambiti sensibili sono alquanto vaghe e generiche; non solo, per quanto concerne l’area 1° maggio non c’è alcuna previsione di parcheggi ove in altre circostanze questi ultimi sono stati identificati con grande precisione. Ci si chiede pertanto se i parcheggi a raso esistenti, nella prospettiva di piano, saranno eliminati.
Non si può non considerare che la realizzazione del parcheggio in struttura di piazza primo maggio si colloca, all’interno delle strategie progettuali urbanistiche della città di Udine, come uno strumento “importante” per la soluzione in merito alla mobilità cittadina, ma questo va visto nella logica di una riprogettazione di più ampio respiro. Nel bilancio complessivo della domanda e offerta di suolo pubblico destinato a parcheggi si chiede, quando il parcheggio 1° maggio sarà definitivamente operativo, che vengano eliminati gli stalli a raso ed integralmente sostituiti con l’utilizzo di quelli in struttura.
Si ritiene importante sottolineare che il numero degli stalli a raso a pagamento risulta, nello stato di fatto, particolarmente elevato (circa 3900) e che il numero dei posti nei parcheggi in struttura, tutti interni al Ring, ammonta ad un totale di  2.146 posti auto, a cui si aggiungeranno i 473 posti della nuova struttura prevista in Piazza 1° maggio (tot. 2.619 posti auto) .
Si chiede un ripensamento in merito all’effettiva domanda di sosta nell’area interna al Ring riprogettando l’allocazione dei parcheggi a raso e incentivando l’offerta di parcheggi in struttura, sì da ridurre la presenza dei mezzi nelle strade che potranno così diventare uno spazio esclusivo per la mobilità integrata, offrendo la possibilità di collocare piste ciclabili sicure e progettate in modo tale da non confliggere con i veicoli a motore.
In generale, si propone:

  1. che nell’area di piazza 1° maggio vengano eliminati i parcheggi a raso a pagamento creando invece un’area dedicata a servizio delle scuole e delle strutture pubbliche (ad es. genio militare che attualmente ha già la sua area riservata) che fronteggiano la piazza, mentre quelli che attualmente non sono a pagamento rientrino nel piano dei parcheggi “blu”: il tutto al fine di riportare la piazza alla sua originaria fruizione.
  2. la pedonalizzazione di Piazzetta San Cristoforo,
  3. che in Via Zanon, ben servita dal vicino parcheggio Magrini, vengano eliminati gli stalli di sosta per dare sicurezza ai fruitori della pista ciclabile che potrà avere un percorso protetto.
  4. nell’ipotesi che in futuro ci possa essere la necessità di una ulteriore domanda di posti auto, privilegiare strutture in elevazione piuttosto che strutture interrate o peggio a raso.

Mobilità ciclabile e pedonale
Il Piano deve rendere più attrattivo, sicuro e conveniente anche economicamente l’utilizzo della bicicletta. Perciò si chiede più attenzione e concentrazione attorno alla città a misura d’uomo (e di bicicletta) e non di automobile.
Per un più efficace incentivo alla mobilità ciclo pedonale si chiede un maggior dettaglio progettuale per i percorsi, quali luoghi urbani di socializzazione oltre che di mobilità protetta.
Le caratteristiche canoniche del percorso ciclabile (ma anche dei marciapiedi pedonali) non prendono in considerazione aspetti importanti, quali la protezione da rumore, smog, una percorribilità salutare, piacevole, senza ostacoli (leggi uso improprio di sosta e fermata). Le indicazioni progettuali degli strumenti del Piano devono prevedere tracciati dove possibile non affiancati alle strade veicolari; ovunque sia possibile, è necessario prevedere la protezione da sole e pioggia con porticati o alberature; si devono preferire tracciati lungo i corsi d’acqua, entro zone pedonali o a traffico limitato. Le intersezioni a raso tra percorsi ciclo pedonali e percorsi veicolari dovranno mantenere in quota il percorso “debole”, rallentando il traffico veicolare e agevolando il ciclista ed il pedone, nonché tutti gli utenti con difficoltà di mobilità. Sarebbe utile mettere negli attraversamenti dei piccoli segnali verticali di precedenza all’utente debole.
Le indicazioni progettuali devono essere una parte importante delle schede norma, pianificando   una permeabilità capillare ciclo-pedonale, indipendente dalla viabilità carrabile, integrata tra edifici, servizi, aree verdi, continua oltre i limiti del singolo ambito.
Tra gli aspetti positivi si consideri che la realizzazione dei portici all’interno del tessuto edilizio comporta una sovrapposizione tra percorsi ciclo-pedonali e edifici,  occupando meno suolo; questo può essere destinato a verde migliorando il potere drenante del suolo e le ricadute sul microclima.


4. ENERGIA E RISPARMIO ENERGETICO

Per affrontare gli aspetti energetici occorre fare riferimento agli obiettivi sottoscritti dal Comune nel 2009 col Patto dei Sindaci: riduzione dei consumi di energia; riduzione delle emissioni di CO2 e degli altri gas climalteranti; aumento dell’utilizzo di energia da fonte rinnovabile; riduzione dell’uso di combustibili fossili nei trasporti.
Il Piano non affronta direttamente gli aspetti energetici accennati, che, giustamente, sono demandati ad altri specifici strumenti vigenti, in primis al Piano Energetico Comunale (PEC); tuttavia, per coerenza, esso dovrebbe rispettare, se non rimarcare, le disposizioni e le indicazioni vigenti che, oltre che nel PEC, si trovano anche nel Regolamento Energetico, nel Regolamento Edilizio, nelle Linee Guida per l’Edilizia Sostenibile.
Si evidenzia, invece, come dal confronto dei documenti menzionati si riscontrino incongruità e punti critici seppur migliorabili.
Il quadro dei consumi energetici evidenzia, quali voci significative per consumi e/o emissioni, due ambiti: il riscaldamento e raffrescamento prodotti dal settore terziario e civile; il secondo il consumo di combustibili per i trasporti.
La riduzione di consumi ed emissioni per il settore dei trasporti si persegue con la riduzione del traffico, con l’aumento del trasporto pubblico e di altre forme di mobilità a basso impatto (bicicletta, mezzi elettrici, tapis roulant, bike-sharing, car-sharing, car-pooling, taxi collettivi, minibus a chiamata ecc.), con la riduzione dell’indice di motorizzazione auto/abitanti (oggi particolarmente alto nella nostra città), con la conversione verso nuovi motori (ibridi, metano, elettrici ecc.). Prevalentemente si tratta di scelte operative di pertinenza del PUM più che del PRGC; ma sicuramente il PRGC dovrebbe adottare scelte più coerenti con il PUM.
Il Piano, invece, sceglie di incrementare fortemente i parcheggi pubblici e privati sul territorio favorendo l’uso dell’automobile in contrasto con uno degli obiettivi più qualificanti del PUM quale la riduzione del traffico veicolare privato.
La riduzione di consumi ed emissioni per il primo ambito (terziario e civile) si persegue con l’uso di tecnologie ed impianti eco-friendly, cioè ricorrendo a soluzioni tecniche ed impiantistiche innovative, largamente disponibili sul mercato e peraltro già previste nel Regolamento Energetico; tuttavia, questo documento, sebbene ben articolato, non è obbligatorio in tutte le parti, e troppo spesso prevede atti volontari.
Varrebbe la pena approfondire la reale portata del Regolamento Energetico che, se opportunamente coordinato con il PRGC, potrebbe essere più incisivo rispetto agli ambiziosi obiettivi di risparmio e sostituzione che l’Amministrazione si è data;


5. IL COHOUSING E L’ HOUSING SOCIALE

Il cohousing, l’housing sociale, il coworking, così come la piccola gestione e manutenzione del verde pubblico, la cura di orti urbani (che vanno esplicitamente individuati nel PRGC), o degli spazi sportivi, sono esperienze collettive da promuovere sia per gli aspetti economici degli interventi, sia per il potere di identificazione, partecipazione e socializzazione delle persone.
Se da una parte la valorizzazione del tessuto insediativo esistente rafforza l’identità dei quartieri, dall’altra ribaltare la logica del “spetta al Comune prendersi cura di tutto”, per consegnare anche ai cittadini parti della costruzione e garanzia della propria ed altrui sicurezza e rende più sicura la città stessa. Conoscere il proprio territorio, attraverso la sua analisi e lettura, stimola di per sé la ricerca di soluzioni per il suo miglioramento, manutenzione e conservazione.
Ciò premesso, si rileva che nel PRG si parla di housing sociale in situazioni  limitate e solo in  previsione  di nuovi insediamenti, ma  non si parla di cohousing, di coworking e di gruppo di acquisto edilizio; inoltre se si considera  che il PRG ha tra i suoi obiettivi la riduzione del consumo di suolo, il miglioramento dell’ambiente di vita, il superamento dei meccanismi di lottizzazione speculativa oltre all’incentivazione della partecipazione dei cittadini alle scelte urbane e che gli spazi privati in cui si abita e si lavora sono in rapporto con la qualità urbana in generale e con i servizi pubblici locali in particolare e che gli spazi privati di tipo non tradizionale  possono contribuire alla trasformazione dell’ambiente di vita (trasformazione ambientale e relazionale), sarebbe utile che  esso non si limitasse a previsioni marginali  di housing sociale, ma ponesse linee guida e/o regole urbanistiche e/o diventasse soggetto catalizzante tra il pubblico (ATER in primis) e il privato sociale intorno a possibili progetti di housing sociale e che preveda  meccanismi attuativi (linee guida politiche e/o regole urbanistiche) che supportino e favoriscano forme di auto-organizzazione dei cittadini in tema di “modelli abitativi e lavorativi non tradizionali di condivisione degli spazi” quali: cohousing, coworking, gruppi di acquisto edilizio.
Sarebbe qualificante che il PRG esplicitasse la scelta  di favorire il cohousing, il coworking, i gruppi di acquisto edilizio e li incentivasse creando uno sportello informativo  ad hoc dove si studino le possibilità offerte dalla normativa esistente; si ragioni sul rapporto tra domanda e offerta, non solo di spazi, ma anche di progetti immateriali, sia abitativi che lavorativi; si rifletta sul rapporto tra la pianificazione urbanistica e l’organizzazione della domanda di spazi non tradizionali per la casa e il lavoro, con la comunità scientifica degli architetti, degli urbanisti e dei sociologi urbani; si individuino  possibili sistemi di finanziamento (ad es. fondi di rotazione, project financing, ecc.)
Inoltre, e in ogni caso, si suggerisce di favorire l’housing sociale, il cohousing, il coworking e i gruppi d’acquisto edilizio non solo per progetti di nuova urbanizzazione, ma anche nelle situazioni di valorizzazione/riqualificazione di edifici non più utilizzati.

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