Il PRGC di Trieste è inadeguato
Legambiente Italia Nostra
Nuovo piano regolatore di Trieste. Legambiente e Italia Nostra:
“Le direttive della Giunta comunale sono inadeguate.”
Le direttive per il nuovo piano regolatore, di recente varate in via preliminare dalla Giunta comunale e su cui i Consigli circoscrizionali hanno espresso i loro pareri, sono inadeguate.
Lo affermano Legambiente e Italia Nostra, che in proposito hanno inviato nei giorni scorsi un ampio documento di osservazioni e richieste di modifica al sindaco Cosolini, agli assessori Omero e Marchigiani e ai consiglieri comunali.
Il documento della Giunta contiene, da un lato, una serie di indirizzi generali, che però non sono in grado di salvaguardare il territorio dagli interventi in contrasto con la nuova impostazione del piano fino all’adozione dello stesso, dall’altro riduce gli indici di fabbricabilità di alcune zone residenziali, ma non interviene su molte delle criticità della variante 66 (cioè il piano regolatore della Giunta Illy, approvato nel 1997 e tornato pienamente in vigore dall’agosto scorso),
Sarebbe stata opportuna innanzitutto, osservano gli ambientalisti, un’analisi delle criticità e delle carenze della variante 66, per evidenziare quella radicale svolta nelle strategie di gestione del territorio, del paesaggio e dell’ambiente, rispetto alla 66, che la cittadinanza si aspetta e che appare invece molto sfumata nelle direttive della Giunta comunale.
La richiesta che le associazioni hanno rivolto all’Amministrazione comunale è perciò di introdurre direttive specifiche che siano effettivamente in grado di imprimere questa svolta nella politica urbanistica e che prevedano ad esempio: la revisione del dimensionamento del piano (rispetto ai 270.000 abitanti teorici della 66), la revisione delle zone artigianali-industriali in Carso (incompatibili con la tutela del paesaggio), l’eliminazione delle zone B0 (da convertire in zone A di centro storico), la revisione dei perimetri delle zone B (incongruamente ampliate dalla 66), l’eliminazione delle zone di espansione BT e C (assurde, a fronte di un vastissimo patrimonio edilizio inutilizzato o sottoutilizzato), l’eliminazione di previsioni smaccatamente in contrasto con la tutela dell’ambiente e del paesaggio, quali il canile previsto a Fernetti, il cimitero per animali a Cologna, e così via. Si invita poi l’Amministrazione a non utilizzare in futuro strumenti derogatori, come gli accordi di programma, utilizzati per operazioni quali quelle dell’ex Maddalena e della “Trieste International School”, che sfuggono dalla logica del piano e da procedure partecipate.
Vanno poi previste norme per la tutela degli elementi caratteristici del paesaggio carsico e costiero (pastini, doline, landa, muretti a secco, siepi alberate, ecc.), mentre dev’essere chiara la rinuncia ad infrastrutture ad elevato impatto ambientale, come gli impianti industriali a rischio di incidente rilevante (rigassificatore, in primis) e la linea ferroviaria TAV.
Quanto al regime di salvaguardia, che deve accompagnare le direttive, è indispensabile – osservano Legambiente e Italia Nostra – che queste riguardino anche gli interventi edilizi previsti dai piani particolareggiati adottati (e, con il supporto di adeguate motivazioni, anche quelli approvati).
Solo in questo modo, secondo le associazioni, le dichiarazioni di principio contenute nelle direttive sul contenimento del consumo di suolo, sulla tutela del paesaggio e dell’ambiente e sul riuso del patrimonio edilizio esistente, non rimarranno mere intenzioni contraddette dalle scelte concrete, ma diventeranno l’asse portante del nuovo piano regolatore.
“Una nuova politica urbanistica – aggiungono Legambiente e Italia Nostra – attenta alla qualità dell’ambiente e del paesaggio, come pure a quella della vita urbana, incentrata sul recupero ed il riuso intelligente delle aree già urbanizzate ed edificate, lungi dal penalizzare l’attività edilizia in questo momento di crisi, potrebbe essere anzi un potente strumento di riqualificazione e crescita tecnologica per il comparto edilizio e le professioni legate ad esso.”
L’inadeguatezza del testo di direttive varato dalla Giunta dipende, secondo Legambiente e Italia Nostra, anche dal fatto che – nonostante le promesse del sindaco – è mancato un vero processo partecipativo preliminare alla stesura delle stesse. Tutto si è risolto, infatti, in una frettolosa “consultazione” di ordini professionali, categorie economiche e associazioni ambientaliste, senza un’effettiva volontà di confronto ed approfondimento sui contenuti delle direttive.
“E’ ancora possibile – concludono Legambiente e Italia Nostra – che la Giunta comunale apporti le necessarie correzioni al testo delle direttive, prima della discussione finale e del voto in Consiglio comunale. Qualora ciò non avvenisse, si auspica che siano i consiglieri a provvedere.”
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