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Osservazioni di Legambiente FVG al Piano Energetico Nazionale Sloveno 2010/2030

Legambiente FVG ha inviato alle Autorità competenti le proprie osservazioni al nuovo Piano Energetico sloveno (PEN) 2010-30 nell’ambito della procedura di valutazione ambientale strategica internazionale.

Slovenia: verso un hub energetico?

La documentazione esaminata fa pensare che i nostri vicini siano diretti a diventare un attivo polo di produzione e smistamento energetico, con conseguenze ambientali molto gravose, a, partire dalle chiare scelte nucleariste presenti nel PEN.

Occorre innanzitutto rimarcare alcune difficoltà procedurali poichè il tempo a disposizione per le osservazioni è stato molto limitato a fronte di una mole documentale notevole contraddistinta da un elevato livello tecnico. Inoltre il grosso della documentazione è stata fornita in inglese – e con traduzioni non troppo affidabili – rendendo ovviamente ancora più lenta la comprensione dei contenuti.

Legambiente nelle osservazioni ha sottolineato che le competenti Istituzioni italiane e comunitarie, dovrebbero: invitare il Governo sloveno a produrre e rendere disponibile l’intera documentazione in lingua italiana; e inoltre si dovrebbero consentire almeno 60 giorni complessivi per produrre le osservazioni.

Dall’analisi della documentazione, è emersa come prioritaria la preoccupazione che la Slovenia intenda diventare un attivo hub energetico in vista del progressivo sviluppo economico dell’Est europeo e dell’area balcanica. Poichè nel PEN è auspicata una forte espansione delle reti energetiche (soprattutto metanodotti ed elettrodotti) per garantire un sicuro approvvigionamento energetico, unitamente al quasi certo potenziamento dell’impianto nucleare di Krško. Ciò si scontra con una politica energetica di “sussistenza” che invece potrebbe essere fortemente fondata sulle energie rinnovabili prodotte localmente, in primis le biomasse considerando la copertura del suolo sloveno per oltre il 54% da aree forestali

Legambiente è inoltre fortemente preoccupata per i possibili impatti ambientali e sulla salute umana legati alla centrale di Krško in caso di incidente, considerando che l’Italia si trova a poco più di 100 km dall’impianto e considerato che è previsto il prolungamento della vita operativa fino al 2043, cioè a oltre 60 anni dalla sua connessione alla rete. “Il motivo per il quale l’ipotesi di un prolungamento oltre i 40 anni è ritenuta irrealistica – dichiara Massimo Scalìa, storico fondatore di Legambiente – va ricercato soprattutto nei vari aspetti relativi alla sicurezza del funzionamento di una qualunque centrale di elevata potenza elettrica. Ogni centrale viene gradualmente ma fortemente minacciata da fenomeni come erosione, corrosione e infragilimento delle strutture dovuto agli shock termici. Tutti questi fattori dovuti alle condizioni estreme di esercizio di un reattore di potenza come il PWR di Krško suggerirono ai progettisti di tali reattori di “seconda generazione” di prevedere un esercizio fra i trenta e massimo quarant’anni”.

A ciò si aggiunge la preoccupazione per la realizzazione di una nuova centrale nucleare, denominata Krško 2, da 1000 o 1600 MW e che secondo Legambiente, a fronte di elevata potenza, avrà anche elevatissimi costi di costruzione gestione e dismissione. Inoltre si è osservato che sarà conflittuale rispetto al raggiungimento dell’obiettivo stabilito a livello comunitario per l’efficienza energetica (20% di aumento dell’efficienza energetico al 2030).
Per entrambi gli impianti resta poi aperto l’interrogativo sullo stoccaggio definitivo delle scorie nucleari e della dismissione/decomissionamento degli impianti a fine vita.

“Tutte queste ipotesi hanno un potenziale impatto molto grave sulla nostra regione. Eppure, leggendo la documentazione a disposizione abbiamo riscontrato un’apparente contraddizione relativa proprio agli obiettivi a lungo termine che la Slovenia si è data, il che dimostra, se non altro, la superficialità con la quale il PEN è stato redatto” – così Luca Cadez, Presidente del Circolo Legambiente di Gorizia. Infatti, prima si dichiara come obiettivo “l’aumento del 20 per cento dell’utilizzo efficace dell’energia entro il 2020 e del 27 per cento entro il 2030” e poi invece “aumento del 29 per cento dell’efficienza energetica entro il 2020 e del 46 per cento entro il 2030”.

Legambiente ha avuto un occhio di riguardo per quanto riguarda i beni in comune con la Slovenia, in primis l’Isonzo. Si prende atto che non sono stati previsti esplicitamente impianti idroelettrici sul fiume Isonzo anche se nel PEN si dichiara che “qualsiasi impianto idroelettrico nei bacini di Sava, […] e Isonzo deve prioritariamente essere situato all’esterno delle aree soggette a protezione ambientale”. Dal PEN si deduce anche che vi è l’intenzione generale di massimizzare la produzione idroelettrica anche con impianti di piccole (mini-idroelettrico) e medie dimensioni. Considerando che la parte alta del bacino dell’Isonzo è quella che si è conservata meglio e che presenta il maggior grado di naturalità Legambiente ha chiesto nelle osservazioni consegnate di escludere qualsiasi tipo di intervento di utilizzazione a fini energetici, e di confermare tutte le forme di tutela ambientale fin’ora presenti.

Sull’elettrodotto Okroglo – Udine è stato osservato che questo insisterà su ambienti di interesse ambientali a ridosso del confine, e su un sito Natura 2000 in Slovenia. L’intervento inoltre è avverso alle popolazioni locali sia italiane che slovene. Si è chiesto di prevedere la variazione del tracciato.

Conclude Lino Santoro, Presidente del Circolo di Triieste: “Abbiamo giudicato il Rapporto Ambientale superficiale in merito gli effetti sui comparti ambientali delle due centrali nucleari e in generale le valutazioni sono state fatte sui singoli sotto-programmi del PER senza però una valutazione integrata che invece pare d’obbligo al fine di individuare anche eventuali effetti sinergici dei singoli impatti ambientali”.

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