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Bicinicco 2

[articolo scritto per il numero di novembre 2012 di Konrad – la rivista del vivere naturale]

Una delle regioni con le più alte percentuali di consumo di suolo apre nuovi orizzonti al cemento con il pretesto dello sviluppo turistico.

Nemmeno risalendo agli anni di Stendhal è possibile rintracciare un cenno a Bicinicco, tranquillo Comune della pianura friulana, in chiave turistica. Ma da quest’inverno non è più così: anche Bicinicco, insieme a Castions di Strada, entra a vele spiegate nel novero dei Comuni turistici della regione. A dicembre un emendamento ad hoc, firmato dai consiglieri PdL Galasso e Colautti, allarga le maglie che consentono di ottenere questo status: non solo per i Comuni “limitrofi” od anche solo “viciniori” ad un Comune già “turistico”, ma pure qualsiasi Comune nel quale venga prevista la realizzazione di “impianti turistico-ricettivi rispondenti agli standard nazionali, europei o internazionali di settore”. Fresco di stampa il BUR con la legge pubblicata, già a gennaio i due Comuni chiedono di diventare Comuni turistici e subito dopo a marzo la Giunta regionale delibera il riconoscimento.

A muovere improvvisamente tutta questa solerte attività politico-amministrativa sta il progetto, già affacciatosi alla ribalta ai tempi della Presidenza Illy che lo sosteneva, di un “centro golfistico internazionale” presentato da Friulia-Adria project, società di un imprenditore sudtirolese. Dalla stessa delibera regionale si possono ricavare i contorni del progetto: un intervento complessivo di 250mila mc ripartiti in “opere sportive e ricreative” per 5mila mc pari al 2% del totale (!); “strutture ricettive alberghiere” per circa 85mila mc (330 camere più servizi vari) pari al 34%; “residenze golfistiche” per un massimo di 150mila mc (325 nuove case) pari al 60%; “spazi commerciali e per manifestazioni ed eventi” per circa 10mila mc pari al 4% dei volumi con alcune limitazioni di superficie commerciale e collocazione “presso un ambito” non meglio definito che richiami una “piazzetta”.

Volumi e percentuali parlano da soli. Praticamente una Bicinicco 2. Poiché appare evidente che l’aspetto economico dell’iniziativa non è la costruzione di un impianto da 27 buche con i migliori servizi sportivi, ma un investimento in edilizia che, come stanno ormai dimostrando tutte le inchieste giornalistiche di questi tempi è animato da una logica speculativa (edilizia e finanziaria) che sta consumando a vantaggio di pochi la risorsa suolo nel nostro Paese.

La priorità non è produrre beni o servizi ma avere dei beni, terreni, alberghi, case, centri commerciali, da scambiare come valori finanziari per ottenere accesso al credito, alla politica, alle relazioni “giuste”, per poter magari poi vendere tutto o parte per investire in una nuova opportunità speculativa. Forse non per niente sembra che qui si pensi ad una utenza giornaliera di oltre 1.000 ospiti/giorno quando la media parla di 100/200 ospiti/giorno. La stessa gestione del centro golfistico è, molto probabilmente, un accessorio economico, posto che, in genere, per questo vengono create gestioni associative che coinvolgono direttamente i frequentatori piuttosto che la proprietà.

Anche in questo caso la politica, locale e regionale, è sembrata più preoccupata di nascondere il progetto piuttosto che di farne un momento di dialogo ed eventuale condivisione. Forse perché vi sono già altri progetti simili che si stanno preparando a partire, forse perché anche in questo settore manca ogni volontà e capacità della parte pubblica di assolvere ad un ruolo di programmazione e quindi di scelta, forse perché si ritiene che “tutto fa brodo” in momenti di pesante crisi economica e lavorativa, forse perchè non si hanno altre idee di uno sviluppo possibile che non preveda distruzione di territorio. Non crea perciò alcuna riflessione il fatto che attorno all’area del “centro golfistico” ci siano cave dismesse o impianti di lavorazione degli inerti in attività, una strada statale e tre provinciali che attraversano o sono prossime ai campi. Né per indirizzare questi progetti verso aree che possano favorire veramente le piccole economie locali e le imprese familiari (reti di agriturismi e di B&B che pure in regione esistono) invece che lo speculatore senza radici a cui interessa il paesaggio in cartolina o non quello reale. Né la strumentalità del ricorso al paravento di uno sport come il golf per coprire una trasformazione violenta della dimensione locale. Legambiente FVG insieme al Comitato per la difesa del Friuli rurale ha iniziato a seguire con attenzione le procedure urbanistiche ed autorizzative promosse dai Comuni, ritenendo che questa possa, purtroppo, essere solo la “prima volta” di una nuova versione del consumo di territorio.

Questo progetto non trova giustificazione nemmeno nel protocollo Stato – Regioni, di cui il Friuli Venezia Giulia è capofila, volto alla promozione dell’immagine turistica della Regione e dell’Italia proprio puntando alla diffusione della pratica golfistica. Risulterebbe che vi siano pochi campi rispetto alla media di altri Stati europei e rispetto alla modalità di frequentazione degli appassionati. Ma questo non può voler dire che qualsiasi proposta possa essere realizzata, comunque in qualsiasi luogo e senza nessuna integrazione con i territori e le loro dimensioni ambientali e sociali. I “villaggi in quota” li abbiamo già conosciuti e l’artificializzazione dell’offerta turistica, a scapito dei paesi veri, della promozione delle identità e delle tipicità disponibili, non si è dimostrata un fulgido esempio di buona economia né per la montagna né per la regione. Questo progetto, infine, è una spia rossa che segnala la crisi profonda della capacità pianificatoria della politica regionale, alle prese con un Piano di Governo del Territorio che si vuole approvare a forza ma che è già svuotato di ruolo dal ripetersi di singole scelte che appaiano senza logica generale e occupano territorio e vincolano il futuro.

Elia Mioni e Luca Cadez
Legambiente FVG

 

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