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Caneo e Punta Barene: due interventi estranei agli obiettivi di salvaguardia ambientale nella Riserva Foce dell’ Isonzo

Monfalcone, 24 gennaio 2014

Apprendiamo in questi giorni dalla stampa che nei prossimi mesi dovrebbero partire (la speranza è sempre l’ultima a morire) due importanti cantieri all’interno della Riserva Naturale Foce dell’Isonzo: la realizzazione della darsena da 208 posti barca a Punta Barene e la ristrutturazione della struttura ricettiva denominata “Caneo”, in località Punta Sdobba. Proprio perchè convinti dell’importanza della fruizione sostenibile nelle aree protette, restiamo a dir poco perplessi su entrambe queste iniziative, che da sempre rappresentano una “forzatura” di quelli che dovrebbero essere i reali obiettivi di tutela ambientale di una Riserva Naturale.

 

In particolare, per quanto riguarda il progetto della darsena non ci è tuttora chiaro quali saranno, in caso, i criteri di assegnazione dei posti barca: secondo le prescrizioni dell’Organo Gestore della Riserva, infatti, dovrebbero essere destinati prioritariamente ai possessori delle imbarcazioni ormeggiate all’interno del canale Quarantia, determinando una riduzione complessiva del numero di ormeggi totali. Secondo il Comitato Tecnico Scientifico i posti barca dovrebbero essere assegnati ai proprietari di imbarcazioni, attualmente collocate nel complesso della Quarantia, che dimostrino di averne la titolarità. Inoltre, in sede di Valutazione di Incidenza, il Servizio VIA della Regione aveva previsto che le dimensioni dell’approdo debbano essere stabilite “in base ad un’analisi degli attuali fruitori degli attracchi esistenti”. A quanto ci risulta, però, finora non è stato mai fatto un censimento del numero e delle dimensioni effettive delle imbarcazioni esistenti. Indicazioni chiare da parte del Comune di Staranzano su come pensa di attenersi alle molte prescrizioni ricevute durante l’iter autorizzativo non sono giunte. Ci chiediamo se i posti barca potranno essere acquistati anche da privati che finora nulla abbiano avuto a che fare con gli ormeggi lungo il canale Quarantia. Considerate le dimensioni della darsena poi, ci si chiede se l’intervento si possa configurare più come una speculazione nel settore della nautica da diporto piuttosto che un’iniziativa destinata a regolarizzare una situazione di abusivismo entro il perimetro della Riserva.
Per quanto concerne il “Caneo”, invece, vale la pena di ripercorrere la storia di questa struttura. Il Centro Visite del “Caneo” nasce da un progetto presentato alla Regione e al Comune di Grado nel 1999 dall’Impresa BIDOLI di Udine, proprietaria dei terreni, in seguito fallita. Da subito, le Associazioni ambientaliste Legambiente, LIPU e WWF avevano manifestato la propria contrarietà, mediante osservazioni ed incontri con l’allora Sindaco di Grado Marin e l’Azienda Parchi e Foreste della Regione. Abbiamo sempre ritenuto che l’area del Caneo non necessitasse di alcun intervento di “riqualificazione e valorizzazione ambientale” (questa la definizione del progetto), ma piuttosto di azioni mirate di tutela; in secondo luogo perché la conformazione e le eccessive dimensioni dell’edificio ne rivelavano la chiara destinazione turistico-ricettiva (e non “centro visite con foresteria”). Ricordiamo che la struttura è sorta su un’area a canneto naturale, di estremo valore ambientale, all’interno del perimetro della Riserva Naturale non destinata all’urbanizzazione.
Da subito, invece,Il Comune di Grado e l’Amministrazione Regionale si sono dimostrati favorevoli alla realizzazione dell’opera; in particolare la Regione vedeva in questo intervento un’opportunità di conciliare virtuosamente l’interesse economico privato con l’interesse pubblico di tutela e fruizione di un’area protetta. Sono state pertanto rilasciate le opportune autorizzazioni ed è stato realizzato l’intervento, finanziato per metà con fondi provenienti dalla Comunità Europea e per metà con fondi privati del proprietario. L’attività della struttura si è poi conclusa con il fallimento dell’impresa Bidoli, con la situazione di abbandono, incuria e degrado che ben conosciamo. .. alla faccia del virtuosamente!
Come ribadito a conclusione del convegno “LA CONSERVAZIONE DELLA BIODIVERSITA’ NEL TERRITORIO MONFALCONESE”, organizzato da Legambiente e tenutosi a Monfalcone a fine novembre dell’anno scorso, riteniamo che l’infrastrutturazione delle aree protette sia stata e continui ad essere eccessiva, non solo come numero di strutture realizzate, ma vieppiù in termini di qualità, tipologia e dimensioni, in nome di una fruibilità che però, di fatto, ha il solo effetto di distogliere fondi pubblici dalle attività precipue di conservazione e tutela ambientale,e di riversarli in opere di urbanizzazione delle quali – il più delle volte – non se ne ravvisa realmente il bisogno. Il Centro Visite del “Caneo” è certamente ad oggi tra gli esempi più eclatante di questo fallimento. E la darsena di Punta Barene ha tutte le carte in regola per diventarlo.

Legambiente Circolo “Green Gang”