La Regione metta fine all’anarchia venatoria del FVG
Comunicato stampa 16/12/2015
sottoscritto dalle Associazioni ambientaliste del FVG
LA REGIONE SOSPENDA LA CACCIA IN FVG
La Regione ottemperi all’ordinanza del TAR e fermi immediatamente l’attività venatoria nel Friuli Venezia Giulia. Poi apra il tavolo, chiesto da anni dalle associazioni ambientaliste e dalla parte moderata del mondo venatorio, per riportare la caccia in un quadro di legalità e legittimità. Altri ricorsi pendono infatti davanti alla giustizia amministrativa, e ulteriori necessariamente ne arriveranno se non si inizia subito un percorso di riforma della normativa di settore.
La mancanza di una corretta e completa pianificazione dell’attività venatoria, su cui si è espresso ieri il TAR rilevando “la gravità e irreparabilità del pregiudizio laddove … il prelievo venatorio continuasse a essere esercitato in assenza dei necessari atti regolatori” era stata segnalata invano da almeno 12 anni alle varie giunte regionali dagli ambientalisti, ma anche dalla parte responsabile del mondo venatorio.
Riconosciamo all’assessore Panontin il merito di aver portato a conclusione il Piano Faunistico Regionale, reso obbligatorio da una Legge statale del 1992. Un iter ostacolato fino all’ultimo in tutti i modi dal presidente della Federcaccia regionale, Paolo Viezzi. Soprattutto per i tanti intoppi e ritardi provocati dall’atteggiamento sui tavoli di quell’associazione si è arrivati alla chiusura della caccia.
Quel piano oggi deve essere corretto con le indicazioni dell’Istituto Superiore per la Ricerca e Protezione Ambientale e finalmente reso esecutivo, mettendo così fine alla situazione di anarchia venatoria che regna da anni in questa Regione.
Vanno contestualmente corrette le altre gravissime anomalie della normativa regionale.
Prima tra tutte, quella già rilevata dalla Corte Costituzionale nella sentenza 165/2009, che ribadiva che la gestione della fauna selvatica e dell’attività venatoria non può essere delegata ai soli cacciatori, come avviene nel Friuli Venezia Giulia in forza di una norma del 2008. La suprema Corte aveva infatti invano scritto che: <<negli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia deve essere assicurata la presenza paritaria, in misura pari complessivamente al 60 per cento dei componenti, dei rappresentanti di strutture locali delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e delle associazioni venatorie nazionali riconosciute, ove presenti in forma organizzata sul territorio. Il 20 per cento dei componenti è costituito da rappresentanti di associazioni di protezione ambientale presenti nel Consiglio nazionale per l’ambiente e il 20 per cento da rappresentanti degli enti locali». Risulta evidente la difformità della normativa regionale impugnata rispetto a quanto previsto dall’art. 14, comma 10, della legge n. 157 del 1992 che, nel fissare i criteri di composizione degli organi preposti alla gestione dell’attività venatoria negli ambiti territoriali individuati secondo le modalità indicate, fissa uno standard minimo e uniforme di composizione degli organi stessi che deve essere garantito in tutto il territorio nazionale.
Non possono essere poi ulteriormente protratte norme che consentono comportamenti in contrasto con leggi nazionali e comunitarie, oltre che con il buon senso: la caccia da natante (attività che nel resto d’Italia dà luogo a una violazione penale), la caccia agli anatidi dopo il tramonto, la caccia in pianura su terreni coperti da neve ed altri ancora.
Se Regione e Federcaccia vogliono continuare questa battaglia sui tavoli dei tribunali e della Commissione Europea, noi ci saremo. Ma crediamo che, nell’interesse dell’intera comunità a cui appartiene il patrimonio faunistico, sia venuta l’ora di cessare gli atteggiamenti ideologici ed estremisti che hanno guidato fino a ora l’attività del Consiglio Regionale in questa materia.
Le associazioni di protezione ambientale del Friuli Venezia Giulia