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Aggredito da motociclisti, solo per averli fotografati lungo un sentiero.

Aggredito da motociclisti, solo per averli fotografati lungo un sentiero.

Il grave episodio è capitato ad un socio del CAI sui monti sopra Ravascletto.

Che il transito di veicoli a motore su sentieri e percorsi di montagna a loro interdetti stia diventando sempre più invasivo e preoccupante lo testimoniano non solo alcune recenti prese di posizione a livello locale (vedi, ad esempio, le proteste del Parroco di Tolmezzo e di due presidenti delle Consulte Frazionali del capoluogo carnico per il danneggiamento di vari itinerari riservati ai pedoni, compreso quello che porta all’antica Pieve di San Floriano, sopra Illegio), ma lo stesso editoriale con cui il Presidente Generale del Club Alpino Italiano ha aperto l’ultimo numero della rivista nazionale dell’associazione. 

Che l’atteggiamento degli “appassionati” di trial ed enduro colti in flagrante fosse diventato poi sempre più arrogante e offensivo nei confronti di chi li rimprovera o chiede semplicemente conto della loro presenza in luoghi in cui si potrebbe solo transitare a piedi è un altro dato di fatto. Mai, però, ci saremmo aspettati di dover commentare un episodio della gravità di quello accaduto pochi giorni fa in Carnia, sui monti tra Ravascletto e Cercivento.

Tre motociclisti, a quanto pare residenti in zona, dopo aver percorso illegalmente i sentieri contrassegnati dai segnavia 154 e 152, tra il Cimon di Crasulina e il Monte Valsecca, si sono imbattuti, a 1800 metri di altitudine, in un socio del CAI, che si trovava sul posto in quanto coadiuvante dell’azienda agricola gestita dalla moglie che ha in affitto i pascoli ricadenti nella proprietà regionale. Per il solo fatto di essersi sentiti scoperti, in quanto fotografati su un percorso a loro vietato, ricadente oltretutto in una zona di protezione ambientale, i motociclisti devono essersi risentiti. Uno di essi, in particolare, dopo essersi assicurato che l’autore degli scatti fotografici era solo, ha inveito contro di lui, minacciandolo e scaraventandolo a terra dal quad che deve utilizzare in quanto colpito da disabilità motoria.

Il malcapitato, abbandonato sul posto, è rimasto dolorante a terra per oltre mezz’ora, impossibilitato a muoversi, fino a che è stato raggiunto dalla moglie e da un gruppo di escursionisti sloveni di passaggio che hanno subito allertato i soccorsi. Viste le condizioni generali e le problematiche della persona colpita è stato quindi necessario il trasporto in elicottero all’ospedale di Tolmezzo, dove, fortunatamente, non sono state riscontrate fratture o lesioni gravi.

Sull’episodio, particolarmente odioso perché rivolto contro un disabile, stanno ora indagando i carabinieri. Oltre ad una ferma condanna del fatto criminale e alla solidarietà nei confronti di chi ne è rimasto vittima, appaiono però necessarie alcune considerazioni.

E’ un dato di fatto che varie zone della Carnia ed in particolare i sentieri nel gruppo del Monte Crostis, sono da tempo oggetto di periodiche “scorribande” da parte di motociclisti provenienti anche d’oltr’alpe. Nonostante le numerose segnalazioni da parte delle associazioni ambientaliste e di singoli cittadini, pare, però, che ben poche siano le contravvenzioni elevate dalla forestale e da parte degli altri corpi di vigilanza. “Capita non di rado, anche per le strade di Tolmezzo città alpina 2017 – sottolinea Marco Lepre, responsabile per la montagna di Legambiente FVG – di vedere circolare tranquillamente moto da enduro prive di targa o con la targa resa illeggibile. C’è evidentemente un problema di carenza di controlli e di sanzioni troppo poco onerose nei confronti dei trasgressori”.

A questo si aggiunge il fatto che troppi enti ed amministrazioni locali concedono il patrocinio a manifestazioni motoristiche discutibilmente autorizzate in deroga alla legge regionale n. 15 del 1991 e alle sue successive modificazioni o che, addirittura, ne sostengano l’attività con la concessione di contributi. “La conseguenza è che chiunque possieda una moto da enduro o da trial si senta in qualche modo autorizzato ad utilizzarla su percorsi fuoristrada. E’ la stessa mentalità che porta chi possiede un terreno a ritenersi autorizzato a costruirci sopra qualcosa e chi detiene un’arma ad utilizzarla liberamente contro animali o per farsi giustizia da sé”. Anche se non è corretto colpevolizzare l’intera categoria, è evidente che una scarsa cultura della legalità accomuna molti praticanti di questi sport motociclistici ai bracconieri e a chi è responsabile dell’abusivismo edilizio”.

La carenza di controlli e la conseguente mancata applicazione dei regolamenti e delle norme da un lato e la diffusione di questa cultura dell’illegalità dall’altro, finiscono per creare le condizioni perché accadano episodi estremi come quelli che hanno visto vittima il socio del CAI di Ravascletto.

Legambiente riprenderà nei prossimi giorni una campagna di sensibilizzazione che punta ad un maggior rispetto della natura e dei percorsi realizzati dall’uomo in montagna, ma ritiene anche indispensabile un confronto con le autorità per adeguare la normativa regionale in materia e assicurare un coordinamento tra più forze per reprimere gli abusi.