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Troppi incidenti, ma pochi controlli

Moto in CarniaNon è semplice intervenire all’indomani dell’ennesimo incidente che è costato la vita ad un giovane motociclista. C’è sempre il timore di mancare di sensibilità e rispetto nei confronti di familiari e amici già duramente provati o di suscitare dolorosi ricordi in altre persone cui è toccato di affrontare una analoga tragedia.Eppure bisogna farlo, perché nella nostra regione il numero di vittime è impressionante e supera di gran lunga quello dei decessi provocati dai crimini commessi dagli stranieri o legati al consumo di droghe (per il fumo delle quali nessuno è mai morto); ma, a differenza di questi casi, non si trova nessun (pessimo) politico pronto a sbraitare o sindaco disposto a vestire i rassicuranti panni di “sceriffo”. 

 

Il problema invece esiste e si inserisce nel più generale contesto della mancata prevenzione degli incidenti stradali. Già dall’inizio della primavera e per tutto il periodo in cui le condizioni climatiche la rendono favorevole, assistiamo ormai ad un’invasione di appassionati di motociclismo che, in singoli od in gruppi, anche numerosi, percorrono le nostre strade di montagna. Il fenomeno si concentra in particolare nei fine settimana e, come in tutte le attività umane, coinvolge sia persone assennate e rispettose delle regole (che, dopotutto, praticano una forma di turismo ormai propagandata da riviste e siti internet specializzati), che “centauri” che scambiano le strade per piste da gran premio e si comportano come se il codice della strada non esistesse. A questi ultimi poco interessa del paesaggio e di conoscere i luoghi e le comunità che incontrano, quello che conta sono le curve ed i percorsi tortuosi su cui possono esprimere od esibire le loro capacità di guida.
La presenza diffusa di moto di grossa cilindrata, che rombano e sfrecciano ad alta velocità è particolarmente evidente in Carnia lungo la strada regionale n. 512, che attraversa la Val del Lago, e sulla strada provinciale che da Tolmezzo porta a Sella Chianzutan, scendendo poi in Val d’Arzino. Pericolosità, rischio di investimento per i ciclisti ed i pedoni che, numerosi, frequentano ad esempio la zona del Lago di Cavazzo, inquinamento acustico per i residenti nei paesi, ma ben percepibile anche dalla fauna e dagli escursionisti che frequentano i boschi della zona, come mi è capitato più volte di constatare: queste sono alcune delle conseguenze legate a questa pratica.
Ora, prima ancora dei tragici incidenti di questa estate, immagino di non essere stato il solo che si sarà chiesto come mai, considerata una situazione che è sotto gli occhi di tutti e che consentirebbe, attraverso le multe erogate, di riscuotere notevoli somme per le casse pubbliche, non si vedano, a parte qualche sporadica pattuglia dei carabinieri, forze dell’ordine (polizia stradale, vigilanza urbana) presenti lungo queste strade. Il rilevante eccesso nel superamento dei limiti di velocità e la costante violazione di altri articoli del codice della strada, dovrebbero portare a battere maggiormente queste zone, rispetto ad altre dove i “normali” automobilisti rischiano di essere quotidianamente fermati per molto meno.
Una risposta, che sul momento mi ha lasciato incredulo, mi è stata data, qualche tempo fa, da un “addetto ai lavori”, che si occupa di manutenzione stradale. “Le forze dell’ordine non intervengono – mi ha spiegato – perché tra coloro che hanno l’abitudine di sfrecciare in sella a moto di grossa cilindrata molti sono loro colleghi”. Possibile? Se fosse vero, saremmo proprio messi male, ma se così non fosse, come mi auguro, d’ora in poi c’è un modo molto semplice per dimostrarlo!

Tolmezzo, 1 ottobre 2018

Marco Lepre – presidente Legambiente della Carnia