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Laminazione delle piene del Tagliamento: primi 50 anni

Laminazione delle piene del Tagliamento: primi 50 anni

tagliamento pinzano1966-1996 l’ipotesi traversa sulla stretta di Pinzano e la resistenza delle comunità locali.

A seguito delle alluvioni di metà anni 60 che devastarono il Friuli e causarono lo straripamento del Tagliamento a Latisana, dopo un iter di alcuni anni, si fece strada nei primi anni 70 l’ipotesi di controllare il deflusso delle portate nella parte terminale del fiume attraverso un’opera di sbarramento posta a 80 km a nord all’altezza della stretta di Pinzano. Tra le opere che dovevano concorrere alla riduzione del colmo di piena in transito per Latisana vi era anche il ripristino del canale scolmatore Cavrato, in grado di prelevare le acque dal Tagliamento a monte dell’abitato di Cesarolo e di riversarle nella laguna di Caorle.

A quel tempo la partita si giocava tra quanti milioni di metri cubi (mc3/s per un determinato periodo) trattenere a monte e quanti mc3/s far transitare sul Cavrato. Gli eventi alluvionali di Ronchis e Latisana (che non costò nessuna vittima peraltro) si vennero a determinare in sostanza per le seguenti situazioni concomitanti:

1) 2/3 giornate di pioggia incessante diffuse su tutti i bacini imbriferi affluenti il bacino ed eccezionali nell’alta val Tagliamento

2) Portata di piena del fiume calcolata in 6000 mc3/s a Venzone, pur con molte incertezze sulla veridicità delle portate indicate dal misuratore di Venzone

3) Presenza di forti venti di scirocco

4) Presenza di vortici d’acqua all’interno dell’alveo che hanno causato prima l’innalzamento del livello dell’acqua fino alla tracimazione con conseguente erosione dell’argine all’altezza di Ronchis.

La legge di ricostruzione post terremoto finanzia con 200 mld anche una serie di interventi per la messa in sicurezza del Tagliamento: alcuni interventi vengono eseguiti ma gran parte delle risorse sono riservate per l’opera sulla stretta di Pinzano. Davanti all’ipotesi di bloccare le piene sulla stretta di Pinzano, i comuni di Forgaria e Pinzano, cui iniziano ad aggiungersi anche altre amministrazioni del territorio, si dimostrano fortemente critici all’opera. La situazione che volge al peggio induce il Comitato di opposizione allo sbarramento di Pinzano, già attivo da tempo, a costituirsi formalmente per meglio svolgere la funzioni di raccordo tra amministrazioni del territorio e comunità. La contrarietà allo sbarramento sulla stretta di Pinzano si misura nella grande manifestazione organizzata nel 1982 a Flagogna. Nel 1986 la Regione F-VG affida all’Italstat, società del gruppo Iri, il coordinamento tecnico-organizzativo per la realizzazione delle grandi opere in regione con lo scopo di “… evitare ritardi nella esecuzione delle opere”. Ci saranno anche altri significati dati all’operazione, in ogni caso, a metà anni 90, Italstat produrrà 5 varianti dell’opera di laminazione nella stretta di Pinzano, ma sarà tardi. Dopo oltre 20 anni di battaglie, incontri, dibattiti, studi e contro-studi che impegnano Magistrato alle acque, Regione, comuni e comunità locali, vuoi per le problematiche ambientali che l’opera di sbarramento creava nel medio corso del Tagliamento, vuoi per la resistenza dei Comuni dell’area pedemontana o per l’abilità e la combattività del Comitato di opposizione, fatto sta che a metà anni 90 l’Autorità di bacino è costretta ad abbandonare l’ipotesi sbarramento e adotta il Piano stralcio per la sicurezza idraulica del Medio e Basso corso del Tagliamento per cercare soluzioni condivise al problema. Sempre a metà degli anni 90, si completa la realizzazione del canale scolmatore Corno – Tagliamento. A parte le non poche riserve che possono essere sollevate su un’opera del genere, non ultima il fatto che può aggiungere oltre 100 mc3/s alle portate del Tagliamento, lo scolmatore del Corno, che costa 45 milioni di euro, viene realizzato con le risorse messe a disposizione per la messa in sicurezza del Tagliamento riducendole quindi di ca. la metà.

1996-2010 Piano stralcio e Casse di espansione

A metà anni 90 quindi le casse di espansione, alternativa proposta e sostenuta dal Comitato di opposizione, sono il massimo punto di incontro tra l’esigenza di evitare l’opera nella stretta di Pinzano e al contempo dare risposte all’esigenza di sicurezza espressa dai territori della bassa. Con questi intenti viene adottato il Piano stralcio dall’Autorità di Bacino e la Regione F-VG avvia la procedura di gara per la progettazione dell’opera dove vengono identificati in 4.500 in mc3/s la portata massima che deve transitare per Latisana. Legambiente FVG manifesta la sua contrarietà ai criteri obbligatori richiesti dal Piano stralcio in quanto esso determina in maniera preponderante l’opera che doveva essere costruita e tali criteri non erano accettabili ambientalmente in quanto si continuava a parlare di laminazioni e quindi di interruzione del corso naturale del fiume.

Sul Piano stralcio Legambiente presenta delle osservazioni all’Autorità di Bacino, osservazioni che però non verranno neanche esaminate. Nell’incontro di Spilimbergo del 1995, Legambiente presenta la propria posizione critica in merito, confutando la compatibilità ambientale del Piano Stralcio e propone quale soluzione l’individuazione di aree di espansione fuori alveo, praticamente delle casse di espansione esterne, che avrebbero potuto essere attivate nella parte finale del corso d’acqua quando questi assume la sua conformazione pensile.

La gara per la progettazione delle Casse di espansione, da individuarsi nella parte dx dell’alveo tra la stretta di Pinzano e il ponte di Dignano, viene indetta e alla fine emergono 2 progetti che ottengono praticamente la stessa valutazione dalla commissione valutatrice pur se concettualmente molto diversi: uno interrompeva il corso del fiume per convogliare le acque nelle casse di espansione mentre il secondo presentava un convogliatore senza traversa che però si poneva al di fuori dei criteri di gara in quanto nessuna opera doveva essere edificata a monte della stretta di Pinzano. Nessuno dei 2 progetti si avvierà verso la progettazione esecutiva. Le ragioni vanno ricercate un po’ dappertutto: contrarietà delle amministrazioni rivierasche, scetticismo sul funzionamento da parte di tecnici ed Autorità di Bacino, probabilità di ricorsi in caso di aggiudicazione e percezione generale che si sarebbe trattato di un grande sconvolgimento ambientale.

La soluzione viene accantonata e si riapre una fase di confronto che sia in grado di ricercare soluzioni al problema delle piene questa volta lungo tutto il bacino del Tagliamento e non solo sul tratto intermedio compreso tra Pinzano e Dignano. Ma in questa fase succede anche un fatto nuovo. In ambito internazionale e nei paesi di lingua tedesca in particolare, affiora e si va ad affermare la considerazione dell’assoluta valenza scientifica ed ambientale del Tagliamento, fiume che in Germania viene semplicemente definito Der könig alpen schlüssel per la sua unicità ed importanza. Il dibattito, questa volta prettamente scientifico e ambientale, emerge dalla pubblicazione di una serie di articoli circolati in ambito universitario in Germania prodotti anche in collaborazione con Legambiente Friuli-VG (presidenza Giorgio Cavallo) con Norman Müller della Technische Universität di Berlino ed in seguito dagli studi del prof. Klement Tockner, dell’Istituto federale svizzero per le scienze ambientali e la tecnologia (Eawag) che ha effettuato lunghi studi sul corso del fiume proprio nelle aree che sarebbero investite dall’invaso e dalle casse di espansione.

2010-2012 Laboratorio Tagliamento

Viene istituita dalla Regione FVG la commissione Laboratorio Tagliamento formata da tecnici nominati dal Ministero, dalla regioni, dalle province, dalle amministrazioni rivierasche ed anche dalle associazioni ambientaliste di cui uno (Tonini) nominato congiuntamente da WWF e Legambiente. Il laboratorio ha lo scopo di “… individuare la soluzione tecnica più idonea e maggiormente condivisa per la messa in sicurezza del medio e basso corso del fiume Tagliamento effettuando una ricognizione ad ampio spettro delle possibili soluzioni progettuali idonee a garantire la mitigazione del rischio lungo l’asta fluviale, avuto sempre riguardo all’obiettivo principale della sicurezza idraulica ed individuare le soluzioni più idonee sotto i profili della sicurezza, dei costi e degli aspetti ambientali”.

Vengono esaminate una dozzina di proposte che, oltre alle Casse di espansione ed allo Sbarramento di Pinzano, vagliano serie di idee che vanno dall’individuazione di aree golenali o fuori alveo dove convogliare le portate in eccesso, deviazione di portate sul bacino dell’Isonzo, ripristino della foce a delta del Tagliamento attraverso l’individuazione di canali scolmatori questa volta verso la verso la laguna di Marano. Proprio 2 proposte relative a quest’ultima soluzioni riscuotono un buon consenso tanto che, prima del voto della Regione Veneto e di altro componente la commissione che hanno votato in un secondo tempo, erano la prima e seconda soluzione individuata dalla commissione. I risultati diranno, se pur di poco, che l’opera nel complesso migliore corrisponde ancora allo sbarramento di Pinzano. Rimane il dubbio circa la modalità con la quale si sono raccolte le valutazioni in quanto parte dei componenti non hanno espresso le loro valutazioni ed un paio, come abbiamo detto, solo in un secondo tempo, quando già si era a conoscenza dell’esito determinato dalle valutazioni di gran parte della commissione.

Tutto corretto? A noi non è parso. Al di la di questo fatto, il Laboratorio rimane comunque importante per un paio di questioni. L’approccio alternativo messo in atto per cercare soluzioni che soddisfino maggiormente i requisiti complessivi del problema (anche se la preponderanza dell’approccio idraulico rispetto all’ambientale è ancora notevole) e soprattutto perché la relazione finale contiene il giudizio che ritiene prioritario la realizzazione delle opere a valle di Latisana, il che permetterà di destinare i fondi rimanenti per la messa in sicurezza del Tagliamento, ca.30/40 milioni di €, su opere di messa in sicurezza nella parte bassa del fiume. Si tratta di opere atte a far transitare l’ondata di piena, e non a ridurne i picchi, quali l’innalzamento del ponte sulla ferrovia, l’innalzamento del ponte stradale, l’innalzamento degli argini e la loro diaframmatura e il ripristino del canale scolmatore Cavrato. Come dire riduzione consistente del rischio con interventi migliorativi sulle opere che già ci sono.

2017-2018 Interventi di messa in sicurezza nella parte bassa del Tagliamento

Pochi mesi prima delle elezioni 2018, la Regione annuncia di aver sbloccato i 38 milioni di euro in precedenza destinati alle opere di laminazione, e di averli resi disponibili per gli interventi nel basso corso del fiume. Tra le righe degli atti è possibile cogliere, anche se mai dichiarato, che le opere nel basso corso del fiume saranno praticamente risolutive dei problemi di sicurezza ed anche il rinvio di ulteriori ragionamenti sulla eventuale sussistenza di rischi residui a quando dette opere nel basso corso saranno completate, pare un annuncio di fine della storia.

Certo che bisogna capire bene come stanno effettivamente le cose circa i 50 milioni di € messi in campo dalle Regioni Friuli-Venezia Giulia e Veneto e come questa partita economica eventualmente si collega ai recenti incontri intercorsi tra sindaci della Bassa a livello Ministeriale e quello successivo tra Autorità di Bacino, Assessorati regionali alla Protezione civile e all’Ambiente e tutti i sindaci delle aree rivierasche interessate. In quest’ultima sede, con il supporto della facoltà di ingegneria dell’Università di PD (sic), è stato detto che senza laminazione nella stretta di Pinzano non ci sarà mai sicurezza: serio tentativo di tornare indietro sulle decisioni della giunta Serracchiani o ginnastica politica?

Conclusioni

Pare chiaro che l’evoluzione nel pensare la sicurezza del Tagliamento come una questione ambientale e non esclusivamente idraulica è visibile ma rimane sulla carta e poco nei fatti, non è diventata ancora patrimonio all’interno degli apparati tecnici dove, soprattutto nell’Autorità di Bacino e nella Regione Veneto, trova anche feroci opposizioni.

E’ opinione abbastanza diffusa che, una volta completate le opere nel basso corso del fiume, queste siano più che sufficienti a far transitare a Latisana una piena equivalente o anche maggiore a quella del 1966. Le proposte che potrà fare l’associazione nel dibattito che sembra essersi riaperto potranno avere molto a che fare con il lavoro messo in campo dal Laboratorio Tagliamento dove, nonostante tutto, si è dato spazio a valutazioni e ragionamenti per la prima volta liberi da schematicità preconcette anche se con tempi contingentati e senza un coerente sostegno politico.

Un’ultima annotazione da fare sull’argomento è che il tema della sicurezza e dei rischi nel basso corso del Tagliamento d’ora innanzi potrebbero incrociarsi anche con le misure che dovranno essere messe in atto per contrastare l’influenza dei cambiamenti climatici e l’innalzamento del livello del mare. Anche se l’Adriatico in tale contesto può essere considerato poco più di una pozzanghera, è chiaro che un conto è laminare le piene ed un conto sarà proteggersi dallo scioglimento dei ghiacci, cosa assai più ineluttabile rispetto alle poco prevedibili piene previste con tempi di ritorno ogni 500 anni.

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