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Laguna, conclusa nel nulla l’inchiesta.

Laguna, conclusa nel nulla l’inchiesta.

laguna gradoFinita nel nulla l’inchiesta della Magistratura udinese sulla Laguna di Marano e Grado, notizia definitiva di questi giorni, qual è stato ed è l’impatto ambientale dell’ipotesi inquirente su questa area sensibile della nostra regione?

Nei giorni scorsi è stata data notizia che il Tribunale di Roma ha dichiarato il «non doversi procedere» nei confronti dei pochi imputati rimasti a processo, ed ha emesso tre sentenze di assoluzione nel merito, nonostante i reati fossero ormai prescritti; ciò ha riguardato in particolare l’ex dirigente dell’ARPA udinese Marta Plazzotta e l’ex direttore tecnico-scientifico dell’ARPA FVG Gianni Menchini, vittime, a questo punto è opportuna questa definizione, di una inchiesta giudiziaria che si è rivelata senza capo né coda, partita nel 2010 e relativa all’inquinamento della Laguna di Grado e Marano.

All’epoca Legambiente FVG – ricorda Elia Mioni al tempo Presidente di Legambiente FVG – non era stata convinta dai presupposti dell’inchiesta e dalla pesante responsabilità addebitata, in particolare, anche a persone che l’associazione aveva conosciuto nel tempo per competenza professionale e sensibilità civile. Un dubbio che non aveva a che fare tanto, o solo, con questioni di garantismo o di diffidenza verso dichiarazioni sui milioni di euro che l’inchiesta avrebbe fatto risparmiare allo Stato, ma che partiva dall’impossibilità di condividere il presupposto fondante l’inchiesta e cioè che l’inquinamento da mercurio della Laguna non fosse inquinamento.

Ora che l’inchiesta è finita nel nulla si possono valutare appieno i gravi risultati negativi della stessa, che vanno bel al di là della triste vicenda giudiziaria vissuta dalle persone coinvolte. Infatti fra i primi risultati dell’inchiesta vi fu, essendosi questa intrecciata a parallele inchieste sulle attività dirette del Ministero dell’Ambiente in materia di bonifiche industriali, quello della chiusura – per apparente o strumentale adeguamento del Governo Monti alla “mancanza del presupposto” postulato dall’inchiesta – dell’attività del Commissario per l’emergenza socio-ambientale della Laguna di Grado e Marano.

Le competenze furono trasferite alla Regione, che sembra però essersi occupata da allora e sin qui esclusivamente delle procedure relative agli appalti dei dragaggi nei canali lagunari. Dragaggi le cui autorizzazioni restano ancora, come è stato per decenni, un iter particolarmente tortuoso e soggetto a posteriori ad interpretazioni di legittimità diverse a seconda delle competenze territoriali delle sedi giudiziarie, soprattutto per quanto riguarda il deposito dei sedimenti movimentati. E’ di facile intuizione che la tesi che muoveva l’inchiesta, contrariamente a quanto previsto dalle norme ora ed allora vigenti, dell’assenza di fattori inquinanti, considerando il cosiddetto “mercurio storico” derivante dalle antiche miniere di Idria una sorta di “fondo naturale” nella Laguna, ha facilitato la semplificazione del problema e la “naturale deriva” di qualche amministrazione pubblica a “comprendere” gli interessi particolari ed a “velocizzare” e “semplificare” le procedure, per esempio evitando regolarmente la gestione di procedure di Valutazione d’impatto ambientale per i progetti di dragaggio. Ulteriore conseguenza “logica” è stata la definitiva collocazione del polo chimico di Torviscosa in un cono d’ombra, governato da un Commissario governativo eterno e “irresponsabile” la cui attività sembra essere ignota alla politica ed al pubblico.

Il processo di bonifica dei siti inquinati nell’area ex Caffaro e di restituzione agli usi civili è interrotto da anni, e se si parla di iniziative di bonifica riguardanti i Siti Inquinati Nazionali nella regione si parla solo di quello triestino della Valle delle Noghere, e la prospettiva economica ed occupazionale di un polo di chimica verde nel sito storico della Bassa friulana è nel porto delle nebbie di una politica regionale senza più memoria. Tutta la vicenda dell’inchiesta centrata sull’ipotesi di assenza di inquinanti in Laguna, che sarebbe stata creata invece ad arte da menti criminali per dirottare milioni pubblici in attività inutili, ha finito inoltre per essere indiretto supporto alla fiaba interessata per cui l’inquinamento delle catene alimentari lagunari sarebbe una strana diceria metropolitana, finendo per far cadere soglie di precauzione sul tema.

L’unico piccolo passo in avanti, ma veramente piccolo!, sembra essere quello del Piano di Gestione della Laguna, in quanto sito di Natura 2000, ormai adottato anche se non ancora approvato (si faccia uno sforzo!), depurato però, e non casualmente, da ogni riferimento iniziale alle opere di dragaggio ed al trattamento dei sedimenti. A questo punto l’auspicio è che il dibattito sulla Laguna e sul SIN della Bassa friulana riprenda, affrontando le amnesie e disperdendo la nebbia creatasi in questi anni.

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