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Ecoblitz di Legambiente alla centrale a carbone di Monfalcone

Legambiente FVG: “La Regione riattivi immediatamente il tavolo tecnico-scientifico con l’obiettivo di creare un piano per una svolta reale e sostenibile dell’intera area”

“Stop carbone, no gas – 100% rinnovabili” è il messaggio lanciato da attivisti e attiviste di Legambiente Friuli Venezia Giulia e dal circolo di Legambiente “Ignazio Zanutto” di Monfalcone (Gorizia), che stamane hanno effettuato un ecoblitz nei pressi della centrale a carbone, in occasione della prima tappa della Goletta Verde 2020.

La centrale termoelettrica di Monfalcone, entrata in esercizio in un ambito cittadino più di 50 anni fa, sorge lungo la sponda orientale del Canale Valentinis su una superficie di circa 30 ettari. Un luogo che oggi rischia di perdere una grande occasione di rilancio. Infatti con il phase out del carbone, il tavolo tecnico del ministero dello Sviluppo economico ha stabilito di riconvertire la centrale a carbone in una centrale a gas. Ancora risorse fossili, invece di pensare a un rilancio del territorio, approfittando anche delle risorse economiche europee dedicate proprio alle aree di transizione energetica.

Fin dal 2012 Legambiente è impegnata a denunciare i ritardi nell’avviamento alla conversione dell’impianto e, contestualmente, a proporre soluzioni per un rilancio green dell’area, una volta bonificata. Nel corso degli anni l’associazione ha formulato numerose proposte, caratterizzate dalla sostenibilità in termini ambientali e contemporaneamente economici, soprattutto a tutela dei dipendenti della centrale e dell’indotto occupazionale.

Più di due anni fa fu istituito un tavolo tecnico dal precedente governo regionale, con l’obiettivo di individuare un piano per attivare la bonifica dell’area, la creazione di progettualità economicamente ed ecologicamente sostenibili e un realistico progetto di ristrutturazione industriale. Oggi quel gruppo di lavoro è stato smantellato dall’attuale governo della regione: “Per Legambiente è assolutamente necessario che il tavolo tecnico-scientifico venga ricostituito, garantendo il protagonismo anche delle organizzazioni della società civile, per definire un Piano territoriale di riconversione industriale innovativo che non preveda l’uso di fossili e si ispiri a un reale green new deal”, ha affermato Michele Tonzar della segreteria di Legambiente Friuli Venezia Giulia nel corso dell’ecoblitz.

La crisi climatica richiede l’assoluta urgenza di andare verso una decarbonizzazione adottando soluzioni credibili per ridurre l’emissione di CO2, eliminando completamente l’utilizzo dei combustibili fossili, gas fossile compreso. In una visione orientata verso una completa decarbonizzazione entro il 2050, è infatti essenziale dare risposte alla transizione energetica senza ricorrere a nuovi impianti a gas e garantendo un ruolo sempre maggiore alle fonti rinnovabili.

Invece in Italia la crescita dell’energia pulita continua a crescere troppo lentamente con una media di installazioni all’anno, dal 2015 ad oggi, di appena 459 MW di solare e 390 di eolico, e a ritmi inadeguati rispetto a quanto la Penisola potrebbe e dovrebbe fare per rispettare gli impegni nella lotta ai cambiamenti climatici; continuando con questo ritmo, gli obiettivi fissati al 2030 dal Piano energia e clima verrebbero raggiungi con 20 anni di ritardo.

Anche nel 2019 si conferma una crescita positiva ma troppo lenta con 750 MW di solare fotovoltaico (272 MW in più rispetto a quanto installato nel 2018) e 450 MW di eolico (112 MW in meno rispetto al 2018) installati. La produzione da rinnovabili è stata pari a 114 miliardi di TWh a fronte di una domanda elettrica nazionale di 326 TWh. Il contributo delle fonti pulite rispetto ai consumi elettrici è passato dal 15 al 36% e in quelli complessivi dal 7 al 19%. La crescita maggiore è avvenuta nel solare fotovoltaico e nell’eolico, che secondo i dati di Terna nel 2019 hanno soddisfatto rispettivamente il 7,6% e il 6,2% dei consumi elettrici nazionali.

Per questo, per Legambiente, i prossimi dieci anni saranno cruciali al fine di moltiplicare questi numeri e raggiungere almeno 80-100 TWh di produzione rinnovabile al 2030, mentre in parallelo si dovranno ridurre i consumi attraverso l’efficienza, per arrivare a costruire un sistema che possa progressivamente fare a meno delle fonti fossili.

Per raggiungere tali obiettivi è necessario operare in primis in termini di semplificazione delle procedure di autorizzazione per gli impianti da fonti rinnovabili di piccola taglia e l’introduzione di nuove linee guida per accelerare i progetti di grandi dimensioni in tutte le regioni; recepire la Direttiva europea sulle comunità energetiche e lo sblocco dei progetti fino a 200 kW con l’introduzione di un fondo per l’accesso al credito a tassi agevolati; promuovere progetti di agrivoltaico, attraverso regole per l’integrazione del fotovoltaico in agricoltura e incentivi per gli agricoltori nell’ambito della PAC; eliminare i sussidi alle fonti fossili e la revisione della tassazione energetica sulla base delle emissioni.

Tornando alla centrale termoelettrica di Monfalcone, oltre alla bonifica del sito (che dovrebbe essere correlata in termini di investimento e risanamento alla messa in campo di iniziative sul porto) sono numerose le proposte di Legambiente sull’area, di proprietà del gruppo A2A.

In luogo della centrale a gas che condannerebbe il territorio all’uso delle fonti fossili per i prossimi 20 anni, per rispondere alle esigenze produttive di energia elettrica, la proposta è di realizzare un sistema ibrido fotovoltaico più accumuli, in grado di dare le risposte di produzione, sicurezza e flessibilità alla rete. Come si sta già facendo in altri Paesi del mondo, e tenendo presente anche il potenziale di accumuli idroelettrici, che oggi in Italia sotto sottoutilizzati.

Si tratta di un’opera che andrebbe accompagnata da un’attenta riqualificazione del territorio, valorizzandone le qualità e creando nuove opportunità occupazionali.

Sarebbe infatti necessaria la riqualificazione a verde urbano di un’ampia zona – un vero e proprio masterplan di rinnovamento – tra la zona abitata del Rione Enel e le nuove attività da insediare.

“Sulle energie rinnovabili proponiamo la realizzazione di un parco fotovoltaico che arrivi almeno a una superficie di circa 3 ettari – afferma Tonzar – c’è poi la questione legata ai sistemi di accumulo: dalla centrale partono linee di trasporto di energia elettrica ad alta tensione con una potenza di circa 1000MW, elemento molto attrattivo al fine di creare un impianto di accumulo dell’energia, sulla base delle sperimentazioni effettuate da Terna. Si tratterebbe di sistemi di accumulo già realizzati in diversi Paesi europei ed anche in Italia (fonte: Terna).

I sistemi di accumulo di rete si potrebbero realizzare anche sperimentando tecnologie elettrochimiche innovative e strategie di economia circolare, come il riutilizzo di batterie dei veicoli elettrici, non più idonee per l’alimentazione delle autovetture ma con capacità residua idonea per l’accumulo stazionario.

Nell’area si potrebbe inoltre realizzare di un centro di raccolta e trattamento dei RAEE (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche). La gestione del “fine vita” di questi rifiuti particolari prevede la possibilità di realizzare impianti con caratteristiche complementari e in successione tra loro, incentivando ad esempio iniziative di recupero e rivendita di elettrodomestici, che invece di essere avviati alle costose operazioni di smaltimento, saranno inserite in un nuovo ciclo di vita (https://www.ri-generation.com/it/).

Infine, una parte non secondaria può essere rappresentata da una progettualità legata allo sviluppo del porto. L’area infatti possiede una banchina con circa 8 metri di pescaggio che A2A gestisce in concessione autonomamente per l’attracco delle chiatte con il carbone. Ci sono inoltre ampie aree retrobanchina.

La banchina costituisce un naturale prolungamento di quella adiacente del porto, destinata originariamente al cabotaggio, potendo consentire quindi più alternative quali quella del potenziamento del terminal autovetture con l’import/export di autovetture dalla Germania, destinazione Far East, che Monfalcone si è lasciata sfuggire a suo tempo a beneficio di Capodistria, proprio per mancanza di piazzali adeguati. La dotazione di una serie di servizi a contorno (lavaggio, montaggio di alcune parti, ecc) potrebbe garantire un’interessante opportunità occupazionale.

 

Ufficio Stampa Goletta Verde 2020 Mattia Fonzi | +39 349 8061655 | golettaverde@legambiente.it

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