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Tagliamento: riflessioni tra passato e futuro del grande fiume.

Tagliamento: riflessioni tra passato e futuro del grande fiume.

Dopo le alluvioni di metà anni ‘60 che devastarono il Friuli e causarono lo straripamento del Tagliamento a Latisana e a seguito degli esiti successivi della commissione interministeriale De Marchi, si fece strada nei primi anni ‘70 l’ipotesi di controllare il deflusso delle portate nella parte terminale del fiume, attraverso un’opera di sbarramento, posta a 80 km a nord della foce, all’altezza della stretta di Pinzano.

All’epoca, tra le opere che dovevano concorrere alla riduzione del colmo di piena, calcolato approssimativamente in 4.500 m 3 /s transitabili per Latisana, vi era anche il ripristino del canale scolmatore Cavrato, in grado di prelevare le acque dal Tagliamento a monte dell’abitato di Cesarolo e di riversarle nella laguna di Caorle. Tale portata verrà successivamente ridotta a 4.000 m 3 /s a seguito di verifiche effettuate con un modello fisico.

Nel post terremoto, la Legge sulla ricostruzione, finanzia anche una serie di misure per la messa in sicurezza del Tagliamento: alcuni interventi vengono eseguiti ma, gran parte delle risorse, sono riservate per realizzare l’opera sulla stretta di Pinzano.

Nel 1979, a Flagogna, si assiste alla grande manifestazione organizzata dal Comitato di opposizione allo sbarramento di Pinzano e dalle amministrazioni del territorio, contro tale progetto.

Nel 1986 la Regione FVG affida all’Italstat, società del gruppo IRI, il coordinamento tecnico-organizzativo per la realizzazione delle grandi opere in Regione con lo scopo di “… evitare ritardi nella loro esecuzione”. A metà degli anni ‘90, Italstat produrrà cinque varianti dell’opera di laminazione nella stretta di Pinzano, ma sarà tardi. Le battaglie perseguite dalla popolazione e dalle associazioni e istituzioni locali, avevano momentaneamente avuto la meglio.

Per dare risposta all’esigenza di sicurezza, espressa dai territori della bassa ed evitare l’opera nella stretta di Pinzano viene proposta, dal Comitato di opposizione, la realizzazione delle casse di espansione, proposta che rappresenta il massimo punto di incontro tra Regione e territori. Con questi intenti viene adottato, dall’Autorità di Bacino, il Piano stralcio e la Regione FVG avvia la procedura di gara per la progettazione dell’opera.

Nell’incontro di Spilimbergo del 1995, Legambiente presenta la propria posizione, confutando la compatibilità ambientale del Piano Stralcio e propone, quale soluzione, l’individuazione di aree di espansione fuori alveo, praticamente delle casse di espansione esterne, da attivare nella parte finale del corso d’acqua quando questi assume la sua conformazione pensile.

Dalla gara di appalto indetta per la progettazione delle casse di espansione, da collocare nella parte destra dell’alveo, tra la stretta di Pinzano e il ponte di Dignano, emergono due progetti che ottengono praticamente la stessa valutazione dalla commissione valutatrice. Ma per una pluralità di motivi nessuno dei due progetti prosegue la sua corsa.

Un fatto nuovo però si aggiunge e apre nuove prospettive: in ambito internazionale e nei paesi di lingua tedesca in particolare, affiora e si va ad affermare la considerazione dell’assoluta valenza scientifica ed ambientale del Tagliamento, fiume che in Germania viene semplicemente definito Der König Alpen flüsse per la sua unicità ed importanza.

Successivamente la Regione istituisce la commissione Laboratorio Tagliamento, formata da tecnici nominati dal Ministero, dalle Regioni, dalle Province, dalle Amministrazioni rivierasche e dalle associazioni ambientaliste con lo scopo di “… individuare la soluzione tecnica più idonea e maggiormente condivisa per la messa in sicurezza del medio e basso corso del fiume Tagliamento…” Vengono raccolte una decina di proposte, compresa quella che prevede il ripristino della foce a delta del Tagliamento, attraverso l’individuazione di canali scolmatori verso la laguna di Marano, che ottiene un buon risultato. Al primo posto però torna in auge la stretta di Pinzano, mentre la traversa laminante a luci variabili di Dignano, si posiziona all’ottavo posto. A prescindere dagli esiti, il merito del Laboratorio è stato duplice: aprire a soluzioni alternative e a considerare prioritaria la realizzazione delle opere nella parte bassa del fiume (innalzamento e diaframmatura degli argini, interventi sui ponti di attraversamento), considerato che proprio in quell’area, si registra il principale problema di sicurezza idraulica dato dalla fragilità arginale.

Il resto è storia recente e conosciuta. Le opere previste nella parte bassa del fiume vengono ritenute inizialmente sufficienti, poi si riprende in considerazione anche l’intervento sulla stretta di Pinzano fino ad arrivare all’ultima soluzione prospettata dalla Regione e dall’Autorità di Bacino. La proposta contiene questi numeri: portata da laminare 50 mln di mc, portata massima a Dignano 4.000 m 3 /s a Latisana 3.600 m 3 /s; viene fatto uno switch di portate tra il Cavrato e il Tagliamento inizialmente previste rispettivamente in 2.500 m 3 /s e 1.500 m 3 /s che determina l’inversione di tali rapporti. Le due opere chiave prospettate sono la traversa laminante a Dignano funzionale a trattenere 29 ml di m 3 e una seconda traversa a Varmo che indirizza 20 ml di m 3 fuori alveo, su aree un tempo “abitate” dal fiume. La dimensione stimata della traversa laminante tra Dignano e Spilimbergo, che dovrebbe affiancare il ponte attuale, viene ritenuta inevitabile per trattenere 29 milioni di m 3 di acque limacciose.

Con l’emergere delle evidenze progettuali, i comitati locali si oppongono, ma anche il Comune di Spilimbergo fa sapere chiaramente che il progetto non corrisponde ad intese precedentemente prese con la Regione. Così pure Legambiente FVG che allo stesso tempo incontra l’Autorità di bacino per i dovuti approfondimenti ed esprimere la propria contrarietà, avanzando delle proposte alternative ma senza esito alcuno.

Prima di trarre le conclusioni, dobbiamo ricordare alcuni passi avanti comunque intervenuti dopo il 1966. In particolare:

➜   da un approccio squisitamente idraulico, timidamente hanno preso forma e peso anche altre considerazioni connesse con la funzionalità dell’ecosistema fluviale;

➜   dall’opera risolutiva unica “salvifica”, o quasi, si è iniziato a considerare e analizzare uno spettro di opzioni alternative (Laboratorio Tagliamento);

➜   esperti e associazioni hanno rilanciato un approccio che considera l’intero bacino, con proposte di interventi integrativi a bassa intensità, coordinati tra di loro, utilizzando tutte le capacità di laminazione del fiume;

➜   molti ricercatori stranieri, per lo più “invisibili” alle comunità ma spesso anche alle istituzioni scientifiche, hanno calpestato e calpestano tuttora l’alveo per migliorare la conoscenza dell’ecosistema fluviale e la sua gestione e derivare modelli da usare per lo più nei fiumi antropizzati nel Nord Europa.

Di converso, nello stesso periodo, sono aumentate le pressioni antropiche lungo le aree di pertinenza fluviale, l’alveo si è ristretto e inciso e la proposta di intestare il fiume a Sito UNESCO è naufragata. Viene avviata dalla Regione la costituzione di una MAB UNESCO che, a detta dell’Assessore all’Ambiente, “non ha vincoli”. Non è però chiara la relazione tra questo processo e i diversi punti di vista espressi fino ad ora sul fiume.

Legambiente non è contraria alle proposte che utilizzano le aree golenali e la pianura allagabile per laminare il picco di piena, scelte inevitabili per restituire spazio al fiume e dissipare così l’energia lungo il corso. Mette in discussione la “taglia” di queste grandi opere che intrinsecamente porta con sé impatti importanti sotto ogni profilo, ambientale e paesaggistico. Peraltro, in uno dei tratti simbolo del grande fiume.

L’approccio alternativo per mettere in sicurezza le comunità a valle del fiume e ridurre l’impatto, mai compiutamente esplorato, considera l’intera asta mediante interventi di rinaturazione, con soluzioni basate sulla natura. Saranno sufficienti? Ora non lo sappiamo, ma è imprescindibile partire da questo approccio.

Come associazione, interloquendo con l’Autorità di Bacino, abbiamo proposto delle aree interessanti a tale scopo, non certo per proporre soluzioni tecnicamente adeguate e finite ma per stimolare chi ha il ruolo e le risorse per fare ciò di “darsi una mossa” nella giusta direzione.

Riteniamo inoltre necessario mettere in campo le seguenti azioni collaterali:

a. Redigere il piano per la gestione sostenibile dei sedimenti sull’intero alveo;

b. Operare il censimento delle opere in alveo o negli spazi di pertinenza fluviale, per decidere poi quali mantenere e proteggere, perché ritenute comunque strategiche, e quali rimuovere:

c. Integrare la vegetazione riparia dove risulta mancante per la pluralità di servizi ecosistemici che produce, senza rimuovere la vegetazione in alveo per la funzione laminante che svolge (in alveo ampio).

d. Procedere con la valorizzazione scientifica e culturale del fiume: realizzare un centro di documentazione, su strutture esistenti, che diventi deposito di studi e ricerche e soprattutto di relazioni tra esperti, università regionali, scuole e comunità rivierasche al fine di migliorare conoscenze e la consapevolezza dell’importanza del Tagliamento e della sua corretta gestione.

Le acque corrono sempre più velocemente verso il mare e le principali cause risultano essere gli eventi intensi generati dal riscaldamento globale, il consumo di suolo e la perdita di qualità dei suoli. Parlare di rischio idraulico significa a monte “parlare” molto di governo del territorio, di sistemi urbani, di infrastrutture verdi, di drenaggio urbano sostenibile, di agroecologia, di invarianza idrologica e di Agenda 2030.

Ma anche di impatto dell’urbanizzazione diffusa (180.000 case sfitte in Regione, fonte FILCA CISL) o della logistica e delle infrastrutture trainate spesso dal trasporto merci su gomma che risultano essere indifferenti alla transizione ecologica … Significa parlare molto di cura “a banda larga” dell’ambiente e delle persone.

Qui i margini di miglioramento sono ampi. Diversamente le soluzioni nel tempo si complicheranno sempre più.

 

Legambiente FVG