Opere sul Tagliamento: bisogna ricordarsi del Trattato di Campoformido
La volontà distruttrice che si cela dietro la supposta necessità di demolire il ponte di Dignano per far posto ad una ipotetica struttura con doppia funzione di ponte stradale e traversa laminante, denota una volontà politica attenta più alle sollecitazioni che provengono dal mondo delle costruzioni e della speculazione immobiliare, che da reali necessità relative alla gestione della sicurezza per il rischio alluvioni. È lecito porsi la domanda, parendo tutto senza senso, a chi giovi un simile scempio nel medio corso del Tagliamento.
L’ultima novità, quindi, è che secondo l’assessore regionale all’Ambiente, il ponte di Dignano dovrebbe essere demolito. Solo dopo aver costruito quello nuovo, viene specificato. Meno male. Se la precisazione può sembrare tranquillizzante d’altra parte denota una certa confusione e difficoltà a mettere insieme e riassemblare i pezzi di un progetto che sembra sempre di più a qualcosa che si sta decomponendo.
Sulla questione della gestione delle acque di piena sul Tagliamento la Regione, più insiste nelle ormai innumerevoli ipotesi progettuali prima, dopo, sotto e sopra il ponte di Dignano, e più si copre di ridicolo.
Adesso il ponte di Dignano è un problema e deve essere demolito. Che strano. E chi lo dice? Sul ponte di Dignano non si possono programmare opere di adeguamento strutturale come avviene per tutte le opere simili in Italia dopo il crollo del ponte Morandi? A noi risulta di sì e sarebbe di gran lunga l’opzione preferibile dal punto di vista costi-benefici sempre in attesa che la Pedemontana veneta riesca a caricarsi di traffico e che poi tale traffico si diriga effettivamente verso nord-est che è poi la vera questione in gioco.
La posizione dimostra in maniera inequivocabile che la Regione è in forte difficoltà nel dare via libera alla realizzazione di grandi opere in versione fortemente anti-ambientale frutto dell’incapacità di pensare ad una progettualità che metta assieme le pratiche industriali con le inderogabili azioni da mettere in atto per il contenimento degli effetti del riscaldamento globale. Non pare essere troppo oggi chiedere azioni che mirino allo sviluppo dei territori con un minimo di aderenza alla realtà cui potrebbe essere utile anche percorrere con convinzione le strade del confronto e dell’acquisizione di nuove conoscenze abbandonando pratiche trite dell’uomo solo al comando.
Questo atteggiamento ostentato dall’Assessore regionale sembra tanto a quei giocatori di poker che bleffano all’inverosimile sperando di vincere la mano senza dover mostrare le carte. Ma tutti vogliono capire, tutti vogliono vedere i dati, questi sul ponte da demolire come quelli proposti dalla Regione sulle traverse da realizzare: al fatto che ci siano di mezzo valenti scienziati si può anche credere ma è più che lecito spiegare come questi nuovissimi dati siano stati ricavati. O no? C’è così tanta paura del confronto?
Il patatrac finale però viene fatto quando si pensa di chiamare a raccolta tutti quelli che vogliono bene al Friuli per appoggiare le opere nel medio corso del fiume. Tagliamento e Friuli sono un po’ la stessa cosa, la gente vuole il bene del Tagliamento perché solo così può star bene il Friuli e con esso anche tutti noi.
Un Friuli che si tiene lontano da speculazioni e devastazioni di grandi opere sbagliate sul Tagliamento è e sarà il Friuli vincente. E a proposito di questa chiamata identitaria corre l’obbligo di ricordare, vista la linearità e la pervicacia con cui questi progetti vengono proposti, che con il trattato di Campoformido la Repubblica di Venezia ha cessato di esistere. Chiusa 230 anni fa. Ed è un po’ tardi per riprendere vecchie pratiche vessatorie.
Qui il CS – Tagliamento e Trattato
Pinzano al Tagliamento 24 luglio 2024