I progettati villaggi turistici in quota e… l’acqua che non c’è
Tolmezzo, 31/1/2012
Siamo arrivati a febbraio e il rigagnolo, a cui si è ridotto il Tagliamento a Tolmezzo, si prosciuga e scompare sotto le ghiaie, poche decine di metri a valle del Ponte Avons. Avere inverni con scarse precipitazioni è un fatto abbastanza normale per le nostre montagne, ma questa scarsità d’acqua è il risultato non solo di un inizio di inverno particolarmente “asciutto”, ma soprattutto di una seconda parte dell’estate e di un autunno eccezionalmente avari di pioggia. Per essere precisi, è dalla seconda settimana di agosto che il bel tempo la fa praticamente da padrone, con solo rare e brevi interruzioni: da allora, infatti, sono stati su per giù solo una ventina – su 170 – i giorni in cui si sono registrati pioggia o temporali.
Queste condizioni atmosferiche, che da un lato sono estremamente piacevoli, nascondono purtroppo un “rovescio della medaglia”. Innanzitutto c’è da preoccuparsi, dato il nostro precario assetto idrogeologico, per il possibile succedersi di un altrettanto lungo periodo di brutto tempo: se l’acqua arriverà tutta in un colpo, con i fenomeni intensi che abbiamo già sperimentato in anni recenti, rischia di provocare anche disastri. In secondo luogo, non va dimenticato che, anche se è facile prevedere che questo lungo periodo di bel tempo abbia ormai i giorni contati e che tra un po’ inizierà a piovere (e, si spera, anche a nevicare), nei paesi di montagna, posti ad una certa altitudine, si potrebbero verificare ugualmente problemi di approvvigionamento idrico, almeno fino a che le temperature non consentiranno lo sciogliersi delle nevi. Per assurdo, in uno dei territori più piovosi d’Italia rischiamo così di soffrire di siccità e questa, evidentemente, è un’altra delle conseguenze dei cambiamenti climatici di cui tanto si parla.
Nelle scorse settimane si sono già sentite lamentele per la carenza d’acqua nei poli turistici invernali, carenza che, quando le basse temperature finalmente lo avrebbero consentito, ha impedito di alimentare e far entrare in funzione i cannoni sparaneve. Il problema si potrebbe estendere alle abitazioni, considerato anche che in alcune località le prese degli acquedotti servono direttamente i laghetti utilizzati come riserva per creare neve artificiale.
In questa situazione viene inevitabilmente da pensare alla particolare situazione che si presenterebbe se, oltre a quelle dei paesi, si dovesse far fronte alle esigenze dei vari “villaggi turistici” in quota e degli insediamenti di cui si è sentito nuovamente parlare, anche di recente, per quanto riguarda lo Zoncolan, la ex Colonia ODA a Forni di Sopra, Sella Nevea e Paularo. Solo sullo Zoncolan, se, malauguratamente, fosse già stato realizzato il villaggio turistico previsto dal Piano Regolatore Comunale, si dovrebbe fornire acqua per le esigenze di 1650 villeggianti, un numero superiore a quello dei residenti del Comune di Sutrio!
Questo problema, assieme ad altre valutazioni critiche, era stato da noi evidenziato nelle “osservazioni” con le quali ci eravamo opposti alle Varianti urbanistiche n. 7 e 8, adottate nel settembre del 2008 dalla Giunta Comunale di Sutrio. Avevamo richiesto chiarimenti ed evidenziato, in particolare, la mancanza di un bilancio idrico e di un piano delle disponibilità di acqua. Le nostre “osservazioni” furono però sbrigativamente respinte, senza fornire risposte.
Qualche anno fa Alain Boulogne, Sindaco di Les Gets, una delle stazioni sciistiche più rinomate della Francia, posta sopra Morzine-Avoriaz, aveva preso lo spunto proprio da una situazione di carenza d’acqua per varare, in pieno accordo con i suoi cittadini, un innovativo programma di tutela ambientale che prevedeva, tra l’altro, il blocco di ogni attività edilizia per almeno tre anni. Secondo questo lungimirante amministratore locale – che andrebbe preso ad esempio anche nelle nostre montagne – la risorsa più importante del proprio territorio è il paesaggio ed è principalmente per godere di esso che vengono turisti. È convinzione di molti esperti che, di fronte alla sfida dei cambiamenti climatici – che porteranno inverni sempre più caldi e con sempre meno neve – domani sopravviveranno solo quelle località turistiche che considereranno la natura ed il paesaggio il loro principale “capitale”.
Perché non rivedere allora coraggiosamente certe decisioni, che rischiano di seppellire sotto il cemento una parte delle nostre bellezze e insieme la possibilità di continuare a trarne benefici in futuro?
Marco Lepre – presidente del circolo Legambiente della Carnia