Osservazioni al ddl 82 Disciplina organica in materia di difesa del suolo e di utilizzazione delle acque
Analogamente al giudizio espresso dall’Ordine regionale dei Dottori Geologi, anche Legambiente ritiene che andava fatta una legge ad hoc per la difesa del suolo, terreno delicato e concettualmente autonomo e distinto da quello dell’utilizzazione delle acque; sarebbe parso più logico che si fosse affrontato/si affrontasse il tema suolo per gli aspetti di difesa e di utilizzo oppure il tema acque per i medesimi aspetti separatamente e distintamente con appositi provvedimenti normativi.
Lla norma proposta è completamente decontestualizzata da ogni indicazione e/o norme di settore (suolo) di riferimento comunitario e nazionale, in grado di darle un solido ancoraggio sul piano dei contenuti e quindi sul piano della migliore gestione (perché più strutturata) delle problematiche che riguardano il suolo. Difesa del suolo in una visione più adeguata e attuale del tema suolo, significa affrontare le “minacce”, ormai da anni ben individuate, che mettono in pericolo questa risorsa non rinnovabile; di questi argomenti non c’è traccia del ddl in esame. Forse l’Amministrazione regionale intende fare un’apposita norma sul consumo di suolo, come promesso in campagna elettorale? E allora, perchè non approfittarne ora?
Probabilmente, il tema della difesa del suolo (e della sua valorizzazione non speculativa), tema di grande rilievo, andava trattato in un ddl apposito che mettesse realmente e compiutamente ordine nel vasto mondo delle competenze e degli operatori, regionali e non, che intervengono oggi in questo settore, cercando di interpretare in modo attuale l’argomento a partire dalla definizione di “suolo quale bene comune e non riproducibile” (che non è solo una competenza urbanistica!).
La norma proposta appare, invece, troppo orientata al tema dell’acqua che, pur importante, appare più come un tentativo, sebbene non disprezzabile, di trattare un argomento che meritava alcuni segnali normativi di maggior coraggio quali, ad esempio, la volontà, da parte della Regione, di riappropriarsi a scadenza, della gestione, a fini economici, delle grandi concessioni derivatorie; della capacità di organizzare e dare impulso a maggiori controlli in un settore ove oggi essi sono gravemente carenti; della volontà di limitare e ridurre la possibilità di nuovi impianti di derivazione idroelettrica stante l’ormai forte saturazione di tali strutture nei nostri bacini ed escludendo da essa i bacini di dimensioni inferiori ai 10 km; della capacità/volontà di legare le nuove concessioni a fini sociali, a partire dalle migliori esperienze regionali in tale campo fino all’idea di costituire un’Agenzia regionale per lo sfruttamento idroelettrico.
Infine, l’aver ancora rinviato nel tempo (12 mesi) l’emanazione di linee guida per il rilascio di concessioni derivatorie, lascia ampio margine a proposte speculative sulle poche acque libere residue, contrariamente a quanto espresso dalle popolazioni locali, e non solo, che oggi manifestano una grande sensibilità alla conservazione, valorizzazione e tutela delle acque fluviali e torrentizie montane.