Centrale a carbone di Monfalcone: un progetto per la riconversione è urgente
La crisi climatica in atto, sempre più conclamata, ogni giorno arricchita di notizie sempre più preoccupanti (questo sarà il giugno più caldo di sempre, ogni anno supera il precedente in fatto di temperature elevate, continuano ad essere sfornati nuovi rapporti scientifici con dati allarmanti…), dovrebbe attirare l’attenzione di tutti i media e di tutta la politica, ai vari livelli.
E proporre con urgenza soluzioni credibili per ridurre l’emissione di CO2. A Monfalcone c’è una centrale a carbone che chiuderà i battenti entro il 2025, praticamente domani mattina e sul futuro dell’area non c’è sul tavolo nessuna strategia, ma nemmeno uno straccio di seria riflessione. In questo deserto di idee, Legambiente, fin dal 2012, ha provato a sollecitare tutti i soggetti interessati formulando una proposta la quale, pur suscettibile di integrazioni e modifiche (diamo per scontato che ci dovrà essere una estesa area verde ai confini del rione Enel e una zona dedicata all’espansione del porto…), è rimasta l’unica sul tavolo.
La precedente Amministrazione regionale, verso il termine di mandato, ha istituito un tavolo tecnico mettendo assieme numerosi soggetti con l’obiettivo di individuare un piano per attivare la bonifica dell’area e la creazione di progettualità economicamente ed ecologicamente sostenibili. Il tavolo doveva e poteva essere migliorato (ad esempio includendo il Comune di Monfalcone, come chiesto da Legambiente), ma la nuova amministrazione regionale non ha saputo far di meglio che sospenderlo. Arrivando a questi giorni, del tutto in sordina, il Ministero per lo Sviluppo economico ha convocato a Roma i gestori delle centrali a carbone del nord Italia, le Regioni e i Comuni interessati (anche Monfalcone), le Organizzazioni sindacali e le associazioni ambientaliste nazionali, per affrontare il tema della fuoriuscita dal carbone. Nel confermare questa prospettiva entro il 2025, il Ministero ne ha ipotizzato la sostituzione con centrali a gas naturale.
Il provvedimento prevede l’introduzione del cosiddetto “Capacity market”, uno strumento di remunerazione delle centrali termoelettriche, anche di nuova costruzione, per garantire la disponibilità di energia nei momenti di picco della richiesta; un vero e proprio incentivo alle fossili, che sarà pagato in bolletta da tutti i cittadini! A parte il fatto che dai dati pubblici relativi all’attuale utilizzo delle centrali termoelettriche, risulta che ci siano sempre, anche nei momenti di massima richiesta di potenza, ampi margini in termini di GW disponibili (escludendo tutte le centrali a carbone), si trascura che, già oggi, la tecnologia ha raggiunto livelli di sviluppo e di economicità tali da permettere sempre di più agli impianti flessibili di generazione, inclusi gli accumuli di energia, di risolvere le questioni collegate alla tipica intermittenza delle fonti rinnovabili.
La giunta comunale della Lombardia, ad esempio, ha stanziato 4,4 milioni di euro per incentivare i sistemi di accumulo di energia da impianti fotovoltaici. Un esempio da imitare, che solo chi è fuori dal mondo può permettersi di ostacolare! Nel silenzio generale, di fronte al procedere di una soluzione come quella ipotizzata dal Governo centrale, Legambiente invita il Comune di Monfalcone a sollecitare il Presidente Fedriga affinchè rimetta in moto il tavolo di consultazione per riportare la discussione in ambito regionale. Va trovata una soluzione per il futuro dell’area, diversificandone l’utilizzo, con l’obiettivo di garantire sostenibilità e occupazione.