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Modifica della legge regionale sulla promozione della rete di percorsi in mountain bike

 Con lo stralcio N.92-02 “Modifica della legge regionale 21/2016 concernente interventi per la promozione della rete dei percorsi in mountain bike” la Regione intende promuovere il territorio e incentivare l’afflusso turistico ponendo attenzione ad un particolare tipo di utenza che è quella dei mountain bikers.

Si tratta di una occasione per mettere ordine in un settore delle biciclette da fuori strada assai controverso che, alla luce del notevole seguito che sta incontrando e della supposta natura ecologica del mezzo, mette però in luce una serie di problemi proprio legati alla sostenibilità economica ed ambientale di tale pratica nelle aree alpine e prealpine della nostra regione.

Non è possibile oggi inoltrarsi in un sentiero turistico senza notare gli innumerevoli danni causato dal passaggio dei mountain bikers con lo scalzamento dei sentieri lastricati, incisioni del terreno ed innesto di fenomeni di erosione, distruzione della sottile e fragile cotica erbosa che generalmente non si ricrea o non si ricrea in tempi brevi. Quasi sempre il fondo di sentieri non è in grado di sopportare il passaggio di mezzi meccanici con ruote. I gradini in pietra vengono smossi facilmente da cicli o motocicli in frenata e quello che non fa il mezzo lo completa l’erosione ad ogni temporale.

Un aspetto trascurato è anche l’impatto su flora e micro fauna. Le mountain bike possono avere copertoni di larghezza simile a quella delle moto. Il loro passaggio, specie a velocità sostenuta, mette in pericolo flora protetta, funghi, piccoli animali quali specie anche rare di anfibi, che nascono e passano le prime settimane di vita nelle pozzanghere che si formano in primavera e all’inizio dell’estate lungo le strade forestali di montagna. Porsi l’obiettivo della tutela della fauna e della flora viene contraddetto dal fatto di non tenere conto delle conseguenze che si possono avere favorendo certe attività.

Quello che non ha fatto l’abbandono quindi lo facciamo noi ora in maniera deliberata. Poca coscienza del danno che viene creato e praticamente nessuno che sorvegli o che istruisca sui comportamenti da tenere. Quante infrazioni vengono oggi contestate rispetto alle violazioni effettuate? Percentuale più che risibile immaginiamo e tale da mettere in assoluta sicurezza chiunque intende ignorare deliberatamente leggi e regolamenti.

Abbiamo un territorio di una bellezza struggente, costruito a mano e con molto sacrificio dai nostri antenati, sentieri e passaggi importanti per conoscere le nostre origini e la nostra storia, storia dalla quale dobbiamo partire per ogni ragionamento che preveda lo sviluppo di queste zone, storia di cui dobbiamo avere coscienza e i cui elementi distintivi dobbiamo mettere in sicurezza. Cosa faremo quando i nostri sentieri e la loro storia saranno perduti? Non si potrà certo acquistare da Leroy Merlin qualche metro quadro di camminamenti da giardino!

La buona intenzione di aprire ad una utenza che si annuncia in crescita rischia di far scappare i buoi, locali e non, della devastazione diffusa. Attualmente siamo “beneficiari” di un turismo del fuori strada che proviene da oltre confine, Austria in particolar modo, che vengono da noi a praticare fuori strada che nei loro paesi sono vietate!

All’interno del Parco Nazionale del Triglav, una delle zone più frequentate da turisti di tutta Europa, vige il divieto di transito su sentieri e mulattiere a mezzi quali biciclette e mountain bike: si può andare solo a piedi con il risultato che i rifugi sono sempre pieni! Questo ci può far capire che più in basso, più a valle, si tengono questo tipo di mezzi meglio è per l’economia turistica montana. Oltretutto si rischia di favorire il “mordi e fuggi” in aggiunta all’interferenza con altre forme di frequentazione e ai danni ambientali.

Chiediamo che venga fatta una giusta distinzione tra il turista che visita il territorio e lo rispetta e coloro che individuano nel nostro fragile territorio collinare e montano un’area di divertimento e di svago senza alcuna sensibilità ambientale e tantomeno una fine turistico. E non parliamo del turista che per essere definito tale deve prenotare almeno una o due notti in una struttura ricettiva. Parliamo del semplice intento di visitare, conoscere e relazionarsi in un territorio diverso da quello in cui normalmente si vive.

Detto dei rischi che l’articolato di legge comporta proprio al contesto turistico per il quale viene proposto, segnaliamo puntualmente che la definizione di “Sentiero” è nel Codice della strada come modificato dal D.Lgs 30 aprile 1992, n. 285 che all’Art.1 comma F-bis recita: “Itinerario ciclopedonale: strada locale, urbana, extraurbana o vicinale, destinata prevalentemente alla percorrenza pedonale e ciclabile e caratterizzata da una sicurezza intrinseca a tutela dell’utenza debole della strada.”

In questo senso l’Art. 69 ter punto 1 pare non essere congruo. Non c’è una rispondenza con la “… sicurezza intrinseca a tutela dell’utenza debole.” Un sentiero non è mai sicuro per un ciclista, può diventare molto insicuro per un pedone se percorso da ciclisti. Pare altresì indeterminata la dicitura “tracciati alpini”. Cos’è precisamente un tracciato alpino e dove viene definito?

All’art 69 quater al punto 1 segnaliamo ancora l’indeterminatezza di questa proposta di legge che mette assieme finalità e utenza molto diverse tra loro che, se non sono proprio inconciliabili, sicuramente richiedono una programmazione, infrastrutturazione e servizi molto diversi. Al punto 2 comma b si torna a parlare di sentieri o mulattiere che andrebbero meglio definite per evitare di creare i problemi sopra ricordati. Il Trentino ad esempio ha limitato il passaggio con le biciclette alle sole piste con pendenza moderata (inferiore al 20%), con fondo non facilmente erodibile e sufficientemente ampie da permettere la presenza contemporanea di escursionisti e ciclisti.

All’art 69 quinquies si riconosce alla Conferenza dei servizi la facoltà di mappare i percorsi. Tale funzione sarebbe opportuno fosse ricoperta da un ente tecnico regionale o superiore per valutare caratteristiche quali la pendenza, caratteristica del fondo ed altre caratteristiche tecniche atte a definire il tracciato.

All’art 69 sexies al punto 3 si intende vietare la fruizione a piedi di percorsi in bike park. Come sarà segnalato e come ci si comporterà nelle intersezioni con sentieri o negli incroci con chi passeggia nel bosco? E se chi passeggia incrocia il tracciato in un qualsiasi punto, come fa a sapere che deve allontanarsi non incamminarsi lungo di esso? Pare insomma di difficile soluzione e in grado di aumentare il numero e la gravità dei conflitti già in atto tra i diversi fruitori e le diverse modalità di fruire di un bene comune.

Più sotto al punto 5 si afferma “Resta fermo quanto previsto dalla normativa vigente in merito alla circolazione con l’ausilio di mezzi meccanici sui tracciati alpini e sugli altri sentieri di montagna.” Bene. Sembra chiaro ma è proprio questo il punto che sappiamo non funzionare: le nostre autorità di controllo non hanno né la forza, e forse neanche una priorità, per prevenire o perseguire i comportamenti scorretti. La situazione odierna è già negativamente caratterizzata dalla libertà con cui circolano su percorsi a loro interdetti moto da cross, da enduro e da trial che hanno creato addirittura piste di allenamento trasformando i sentieri montani: senza un serio cambio di rotta per prevenire e colpire questi abusi (inasprendo sanzioni, aumentando coordinamento nei controlli, prevedendo sequestro dei mezzi a motore) non ha senso “aprire” ad altri mezzi nuovi percorsi.

Vale la pena ricordare anche l’interferenza di questa attività sportiva, specie se praticata da gruppi, con le attività zootecniche di alta montagna. Ci vengono segnalate infatti, situazioni di disturbo degli animali al pascolo, che vengono messi in fuga con rischio per la loro integrità e sopravvivenza.

Si potrebbe in fase di discussione della legge o di stesura del regolamento, pensare di dotare i mountain bikers di un patentino in modo che siano edotti sui rischi che derivano all’economia e alla collettività dai facili eccessi della loro pratica sportiva o assegnare risorse alle amministrazioni locali per fare formazione ed informazione di tipo ambientale ai ciclisti in modo da inserire forme di autocontrollo nelle società sportive e nei praticanti in modo che non ci si limiti alla sola formazione sulla tecnica del fuori strada non importa dove e non importa come.

Dalla lettura della proposta di legge emerge un ulteriore aspetto da chiarire. Cos’è una bicicletta? Di che tipo di mezzo meccanico stiamo parlando? E se questa ha un motore? Bisognerà essere molto precisi nella definizione dei mezzi e inserire in maniera esaustiva nel contesto della legge anche i riferimenti ai nuovi mezzi che sono messi sul mercato. Se oggi si intendesse aprire alle bike elettriche i percorsi fuori strada, la stessa possibilità potrà essere chiesta anche per i motocicli essendoci ormai poca differenza tra i 2 mezzi per l’argomento che si sta affrontando. Teniamo presente che una normale bicicletta elettrica oggi in commercio, opportunamente “truccata”, supera agevolmente i 100 km/h.

Sui sentieri già si ha riscontro di questo upgrade tecnologico con un aumento in termini quantitativi dei danni arrecati ai sentieri dovuti sicuramente al peso e alla potenza del mezzo elettrico, ma anche dall’aumento dei praticanti e al conseguente aumento dell’imperizia tecnica.

Raccomandiamo quindi meno vaghezza e una buona definizione dei diversi tipi di percorsi (tipologia, pendenza, larghezza, particolari costruttivi, valore degli stessi) ed una altrettanta buona elencazione e definizione dei cosiddetti e non meglio precisati “mezzi meccanici” al fine di fare una legge che vada nella direzione dello sviluppo del territorio e non della sua banalizzazione.

La nostra associazione organizza ogni anno dei campi di volontariato sul territorio regionale ed impegna giovani che provengono da tutta Italia su progettualità riferite in modo particolare al ripristino della viabilità storica. Siamo altresì impegnati su progetti di sviluppo locale legati al rispristino delle forme del paesaggio di cui la sentieristica ed i manufatti legati alla viabilità storica rappresentano uno degli aspetti fondanti. Il CAI fa il suo egregio lavoro nel mantenimento di centinaia di km di sentieristica nella ns. Regione e probabilmente anch’esso non sente la necessità di gratuiti aggravi di impegno.

Biciclette e mountain bike andrebbero ammesse solo su strade forestali, evitando sentieri e mulattiere. Vale anche qui, e forse in misura maggiore, un concetto espresso poco sopra: se la Regione, attraverso il CAI e i Comuni, spende per la cura e la manutenzione dei sentieri non ha senso, con l’altra mano, dare spazio e assegnare risorse a chi questi sentieri e percorsi li rovina.

E proprio su questo versante della manutenzione e della cura del territorio che chiediamo una giusta attenzione dell’amministrazione regionale, anche con la scrittura di questa legge e con il contributo di tutti gli attori coinvolti.

 

Alessandro Ciriani – Presidente circolo Legambiente di Pinzano

Marco Lepre – Presidente circolo Legambiente della Carnia