Caso Kronospan, Legambiente Pordenone: anche l’economia circolare deve essere ambientalmente sostenibile
Non tutto ciò che è economia circolare può essere considerato anche ambientalmente sostenibile: questa la conclusione a cui giunge il circolo Legambiente di Pordenone dopo una prima analisi del progetto Kronospan per San Vito al Tagliamento. In sintesi: per reperire materiale da riciclo tale da alimentare un impianto della dimensione prevista, sarà necessario spingersi ben oltre i confini regionali, con un notevole aumento di traffico su gomma. La produzione di energia da biomassa inoltre porterà a un incremento previsto delle emissioni di polveri sottili di oltre il 40%.
La Kronospan Italia srl ha chiesto alla Regione FVG l’autorizzazione unica ambientale per riconvertire lo stabilimento esistente nella zona industriale di S.Vito al Tagliamento al fine di aumentare la produzione di pannelli truciolari, da 243.000 a 430.000 t/anno, mediante l’utilizzo di scarti di legno riciclati non pericolosi in luogo dell’attuale nobilitazione di pannelli semilavorati di legno vergine proveniente da altri siti produttivi esteri, in particolare dell’est- europa. Ai fini energetici si prevede di istallare una caldaia a letto fluido della potenza termica di 43 MW e come combustibile l’impiego di scarti di legno riciclato, tra 88.000 e 118.000 t/anno in materia umida, su un totale di 542.000 t/anno complessivamente reperiti e trattati. Il materiale legnoso riciclato in ingresso e i prodotti finiti in uscita (pannelli truciolari PO-PB) viaggeranno su 43.701 mezzi pesanti all’anno, pari a 172 camion al giorno lavorativo.
L’iniziativa imprenditoriale presenta i caratteri dell’economia circolare in quanto prevede il riciclo del legno post-consumo, consentendo di produrre pannelli truciolari senza bisogno di consumare legno vergine, ma questo non basta a definirne la sua sostenibilità ambientale. Dobbiamo infatti approfondire gli elementi di perplessità che emergono da una attenta analisi della documentazione prodotta dalla Ditta proponente. La sostenibilità, a pena di ambiguità, deve essere sorretta da un modello in grado di bilanciare i diversi fattori utilizzati in modo da conservare un equilibrio; non è sufficiente mettere assieme azioni virtuose fra loro slegate che non corrispondono ad un quadro d’insieme coerente. Di seguito alcune prime considerazioni su due tra gli effetti più rilevanti.
Un primo elemento di perplessità è relativo al reperimento delle 542.000 t/anno di rifiuti legnosi riciclati che si relaziona con una disponibilità regionale di 225.000 t/anno, nazionale di 1.967.000 e di 400.000 t/anno di importazione (stime Rilegno), considerato altresì che sono già presenti in ambito regionale centri di recupero, tra i quali primeggiano la Fantoni di Osoppo e la Bipan di Bicinicco, che trattano già una quantità complessiva pressoché analoga a quella programmata dalla Ditta proponente.
Il fabbisogno appare quindi ben al di sopra, più del doppio, della disponibilità regionale e di quasi il 30% di quella nazionale.
Ne consegue che il bacino territoriale di reperimento dei materiali di riciclo sarà prevedibilmente molto vasto, di livello nazionale ma non è escluso quello internazionale, costituendo una filiera piuttosto lunga che ha come effetto una consistente movimentazione delle merci la quale, contrapponendo ai benefici le esternalità non trascurabili che rappresentano costi per la collettività, produrrà costi ambientali e di salute ed impatti derivanti dal traffico.
La documentazione a supporto della procedura prevede infatti che saranno 43.701 all’anno i mezzi pesanti da impiegare per i trasporti in entrata e uscita. Considerato che la tipologia dei mezzi in entrata è diversa da quelli in uscita e che, al di là della destinazione della seconda tratta del mezzo conferente, in uscita avremo sicuramente lo stesso numero di quelli in ingresso che percorreranno le viabilità che danno accesso allo stabilimento, il computo corretto è di 87.402, pari a 344 mezzi pesanti a giorno lavorativo, con un incremento del 351% degli esistenti. Mancando ogni documentazione sull’origine/destinazione dei flussi e sui tratti viari interessati non risulta agevole la valutazione degli effetti che saranno comunque, anche solamente in termini dimensionali, rilevanti per le aree residenziali e i recettori sensibili presenti lungo i tragitti interessati.
Un secondo elemento di perplessità è conseguente alla scelta di alimentare con il legno di riciclo la caldaia da 43 MW per la produzione di calore da utilizzare nel processo produttivo. Le ricadute in termini di emissioni in atmosfera desumibili dalla documentazione della Ditta proponente risultano, nonostante l’adozione dichiarata delle migliori tecniche disponibili, decisamente importanti. Ne sono solo un esempio le emissioni di polveri sottili PM10, con 33,14 t/anno, a fronte di un contributo emissivo di tutte le fonti presenti nel Comune di S.Vito al Tagliamento di 76,102 t/anno, con un incremento quindi del 43,5%, senza considerare quelle molto importanti di sostanze bioaccumulabili quali formaldeide, metalli pesanti, diossine e PCB.
La conseguenza prevista dal modello di dispersione delle emissioni è il superamento dei limiti giornalieri di PM10 per ulteriori 4 giornate, che si andranno a sommare alle 45 attuali (arrivando a 49), a fronte delle 35 ammesse dalla normativa vigente, emissioni che avverranno in vigenza del Piano regionale di miglioramento della qualità dell’aria che include il Comune di S.Vito al Tagliamento nelle zone soggette a risanamento per l’inquinamento da polveri sottili.
L’impatto sulla salute di lavoratori e cittadini sarà importante per le dimostrate correlazioni tra l’esposizione alle polveri sottili e i danni cardiopolmonari e la mortalità. Legambiente, con il rapporto Mal’Aria chiede di “intervenire in maniera rapida ed efficace sulla riduzione dell’inquinamento atmosferico che è una priorità esattamente come prioritaria è stata, e continuerà ad essere, la battaglia contro il Covid19”. Occorre una adeguata assunzione dell’obiettivo del contenimento dell’inquinamento atmosferico come dimostrano le procedure di infrazione comminate all’Italia per il mancato rispetto dei limiti normativi previsti dalla Direttiva europea per il PM10 e per gli ossidi di azoto e la recente costituzione in mora da parte della Commissione europea per le eccessive concentrazioni di particolato fine (PM 2,5).
A nostro parere la proposta così come formulata, pur con i caratteri positivi dell’economia circolare, a causa della gestione della filiera, dei flussi di traffico con i conseguenti impatti indotti e delle emissioni in atmosfera che aggravano le già precarie condizioni di inquinamento atmosferico, non può considerarsi sorretta da una sufficiente sostenibilità ambientale.