Piano Regolatore del Porto di Trieste. Legambiente e WWF: “Sostenibilità non garantita”
Non è certo che gli ambiziosi programmi di ampliamento delle infrastrutture portuali, previsti nel Piano Regolatore del Porto di Trieste (PRP), ed il forte incremento dei traffici che ne potrebbe conseguire, siano sostenibili dal punto di vista ambientale.
Questa la conclusione delle osservazioni che WWF e Legambiente hanno consegnato nei giorni scorsi ai Ministeri competenti (ambiente e beni culturali) e alla Regione, nell’ambito della procedura VIA/VAS (Valutazione di Impatto Ambientale, integrata con la Valutazione Ambientale Strategica).
Il PRP, adottato nel maggio 2009 dal Comitato portuale, soltanto nell’agosto scorso è stato messo a disposizione del pubblico per la procedura VIA/VAS, prevista dalle Direttive europee e dalla legislazione statale in materia, ed è accompagnato da uno Studio Ambientale Integrato redatto da Technital.
Le nuove opere, da realizzare in due fasi, porterebbero ad un incremento di 174 ettari di superfici per la movimentazione delle merci (ampliamenti e prolungamenti dei Moli V, VI e VII, piattaforma logistica e nuovo Molo VIII, terminale Ro-Ro alle Noghere, ecc.), con una previsione a regime di 5.269 navi per complessivi 83,3 milioni di tonn/anno.
Sarebbe necessario anche estrarre o dragare oltre 2,7 milioni di metri cubi di fanghi dai fondali del Vallone di Muggia, sia per favorire l’accesso alle navi di maggiore pescaggio, sia per piantare i pali destinati a sorreggere i nuovi moli e banchine. I fondali sono però inquinati e le procedure di bonifica previste per legge sono in gran parte appena da cominciare. Il PRP però “sorvola” su questo aspetto, dando per scontato che la bonifica sarà fatta prima dell’inizio di scavi e dragaggi, ma senza precisarne le modalità, i tempi ed i costi.
Non risulta chiara, dagli elaborati dello studio ambientale, la sequenza temporale di tali operazioni, posto che i materiali scavati e dragati dovrebbero essere collocati in 5 “casse di colmata”: anche la costruzione di tali casse richiederebbe però la posa di pali con estrazione di fanghi dai fondali…
Lo studio – sottolineano WWF e Legambiente – è assai vago nel trattare il problema della torbidità derivante dalle operazioni sui fondali: del tutto insufficiente la previsione di “panne galleggianti”, laddove occorrerebbero sistemi di dragaggio pneumatico e barriere antitorbidità attorno alla draga. Il rischio è infatti che gli inquinanti, presenti nei sedimenti anche dopo la bonifica (sia pure in quantità ridotte) entrino nella catena alimentare degli organismi marini, con conseguenze negative anche sulla pesca.
5.269 navi ed i relativi fumaioli, potranno solo peggiorare la qualità dell’aria delle zone urbane intorno al Porto, cui si aggiungerebbero le emissioni dei camion. Il PRP e lo studio allegato danno per scontato che le future normative sulle emissioni dei veicoli terrestri compenseranno l’incremento del numero di camion generato dai traffici portuali, ma è reticente sulle emissioni
delle navi. Possibili soluzioni, osservano gli ambientalisti, sarebbero l’ elettrificazione delle banchine, per tener spenti i motori delle navi durante lo stazionamento in porto (è questa la fase che comporta il maggiore inquinamento) ed imporre l’uso di gasolio con lo 0,1% di zolfo (come a Venezia).
Curiose alcune incongruenze evidenziate dagli ambientalisti. Il PRP prevede ad esempio che gli sbarchi di petrolio greggio in futuro si stabilizzino sui livelli attuali (35 milioni di tonn/anno su 389 petroliere), ma a fine 2012 la SIOT segnalava all’Autorità portuale un traffico di petroliere in crescita fino a 500 navi già entro il 2013, per 40 milioni di tonn. Tale incremento era stato segnalato dall’Autorità al ministero dell’ ambiente, per motivare l’incompatibilità con il previsto rigassificatore di Zaule. Da cui il decreto ministeriale che nell’aprile 2013 ha “sospeso” per sei mesi l’efficacia della VIA del 2009, favorevole al progetto di GasNatural. Rigassificatore che, dichiara lo studio di Technital: “non è compreso nel PRP”. Però nell’elenco delle attività da insediare nel “polo industriale portuale energetico”, tra i pontili SIOT e l’area ex Esso (cioè proprio nel sito individuato da GasNatural…) si legge che è prevista “La realizzazione dell’impianto “TERMINALE GNL ZAULE (TS) della GasNatural ad est del Terminale S.I.O. T. …”. Può essere solo una svista, o anche no.
Va rivista Un po’discutibile, a detta di Legambiente e WWF anche la parte del PRP e dello studio relativa alla movimentazione delle merci a terra. L’incremento dei volumi sarebbe assorbito secondo il PRP dalla linea TAV prevista nel “Corridoio V”. Quest’opera costerebbe, osservano gli ambientalisti, per il solo tratto Venezia-Trieste, 7,8 miliardi di Euro (che non ci sono), RFI pensa di completarla – forse – nel 2040, e gli impatti ambientali – specie sul sottosuolo carsico – sarebbero devastanti, ma soprattutto ad est di Trieste nessun Paese prevede linee ad alta velocità e nessun treno merci è MAI transitato sulle linee TAV in Italia (come pure in Francia e Spagna).
Nel complesso, aggiungono WWF e Legambiente, un PRP che si fonda – dichiaratamente – sul metodo dell’”urbanistica contrattata” (con gli altri enti e gli operatori portuali), anziché sul confronto analitico delle alternative e sul metodo partecipativo allargato a tutti gli stakeholders.
La conclusione degli ambientalisti è che occorreranno sostanziosi approfondimenti ed integrazioni degli studi, con la valutazione di più alternative, prima di poter stabilire se e fino a che punto lo sviluppo del Porto di Trieste previsto nel PRP possa essere considerato sostenibile sia dal punto di vista ambientale, sia da quello economico, considerati gli oltre 1,9 miliardi di Euro a cui ammonta il costo complessivo delle opere previste.