Le associazioni ambientaliste contestano il progetto per una nuova diga sull’Isonzo
In quest’ultimo scorcio d’estate si è acceso un forte dibattito sulla necessità o meno di una diga di rifasamento per la regolazione della portata dell’Isonzo e garantire così una continuità di approvvigionamento idrico per usi agricoli ed energetici.
Tale discussione non può esimersi dal considerare sia le vicende passate, a partire dall’Accordo di Osimo del 1975 e ciò che ne è seguito, sia la situazione attuale, tenendo conto delle novità introdotte dalla Direttiva europea quadro sulle Acque del 2000; fino al “Laboratorio Isonzo”, promosso dalla Regione Friuli Venezia Giulia e dall’Autorità di Bacino, proprio in applicazione della Direttiva Acque e concluso nello scorso mese di maggio.
L’ipotesi di una diga di rifasamento era prevista dagli accordi di Osimo (art. 3), i quali in merito alla gestione transfrontaliera dell’Isonzo stabilivano che l’Italia avrebbe co-partecipato alla costruzione in terra yugoslava di una diga e di una centrale idroelettrica e di una diga di rifasamento per la regolazione della portata del fiume, alterata a seguito della produzione di energia idroelettrica, sempre in territorio yugoslavo. L’Italia rinunciò a questa opzione, preferendo la costruzione della diga di rifasamento in territorio italiano, che tuttavia non si realizzò. Le varie commissioni italo-yugoslave stabilirono che per le necessità irrigue e di produzione di energia idroelettrica nella zona a valle di Gorizia – considerata la perdita in subalveo fra Gorizia e Gradisca – fosse necessaria una portata di 25 mc/s.
Oggi si torna a discutere della necessità di una diga di rifasamento, in particolare sulla spinta data da un’estate estremamente siccitosa, che si ripeterà sicuramente negli anni a venire, per motivi ormai ben conosciuti ed incontrovertibili (si veda il recente convegno di climatologia di Lussino).
E’ utile richiamare alcuni concetti base della Direttiva europea Acque, che definisce l’acqua indispensabile per la vita, risorsa essenziale per l’umanità che genera e sostiene la crescita economica e la prosperità oltre a rappresentare un elemento centrale degli ecosistemi naturali e della regolazione del clima. La stessa Direttiva si propone di contrastare il rischio di inquinamento, l’eccessivo sfruttamento delle falde e la perdita di aree umide; prevede dei piani per la gestione dei bacini idrografici elaborati dopo un’ampia consultazione pubblica, validi per sei anni.
Su queste basi si è svolto tra il 2011 e il 2012 il “Laboratorio Isonzo”, il cui scopo principale è stato proprio quello di discutere sull’eventuale costruzione della traversa di rifasamento. Il laboratorio, proseguito per alcuni mesi con una notevole partecipazione di enti, categorie, associazioni, esponenti politici e singoli cittadini, si è concluso con la presentazione di alcune proposte, divise in tre tipologie: a breve termine (0-5 anni, ottimizzazione degli usi), a medio termine (5-10 anni, intervento strutturale) e lungo termine (10-20 anni, revisione del Trattato di Osimo).
In relazione al settore agricolo, in estrema sintesi, nel breve periodo si sono proposte azioni rivolte al risparmio idrico, alla limitazione della derivazione ad uso idroelettrico in caso di siccità, alla diminuzione automatica della portata dei canali di derivazione dell’agro cormonese-gradiscano e “de Dottori” durante le fasi di magra (garantendo comunque un minimo di acqua per uso irriguo), alla conversione verso colture meno idro-esigenti e alla promozione dell’accumulo d’acqua a scala aziendale.
Nel medio periodo si sono proposte delle possibilità da valutare, di stoccaggio di volumi per uso irriguo in siti extra-alveo, come ex-cave, bacini prossimi al fiume o in aree rurali, rami morti, o in bacini creati ex-novo, il ricorso a un’irrigazione di soccorso e l’eventuale riutilizzo di opere già esistenti (es. roste) per migliorare l’assetto idromorfologico, mantenendo la continuità fluviale ed escludendo una nuova traversa.
La proposta di lungo periodo consiste nella rinegoziazione di quantità e modalità di rilascio della diga di Salcano previste negli Accordi di Osimo.
La costruzione di una nuova traversa di rifasamento è stata espressamente esclusa, pur senza l’accordo di tutti i partecipanti, in quanto la maggioranza degli stessi ha ritenuto che esistano molte alternative valide, meno costose e meno impattanti per l’ecosistema naturale del fiume. Ampia convergenza si è riscontrata sulla necessità di dare la priorità alla funzionalità fluviale, perché l’Isonzo, se ben tutelato, può fornirci servizi di inestimabile valore (depurazione naturale, ricarica della falda, ripascimento dei litorali sabbiosi, acqua per l’agricoltura, ecc.).
Senza dubbio il problema dell’estrema irregolarità delle portate in periodo di magra, causato dalla traversa di Salcano, è molto grave e va risolto, ma è stato giudicato che la costruzione di una nuova traversa di rifasamento sarebbe troppo costosa e causerebbe la completa alterazione del corso d’acqua a monte, con probabili ripercussioni assai più estese, in primis su tutte le comunità ittiche.
E’ certamente da perseguire la revisione del Trattato di Osimo per una migliore gestione della diga di Salcano, ma è chiaro che azioni così complesse sotto il profilo giuridico e politico richiederanno tempi molto lunghi. Nell’immediato vanno studiati i metodi per stoccare l’acqua necessaria in bacini extra alveo, considerato che i bacini naturali sono molto pochi e già utilizzati per attività turistiche o ludiche saranno da valutare quelli artificiali(un esempio portato anche all’attenzione del “Laboratorio Isonzo” sono i laghetti in geomembrana).
Considerando che la siccità registrata nell’estate appena passata probabilmente non costituisce un’eccezione ma sarà nei prossimi anni la norma, sarà necessario ricorrere a colture meno idroesigenti, rivedendo i tipi di agricoltura attualmente in atto nell’Isontino.
Quindi la discussione è aperta e va affrontata da parte di tutti con disponibilità al dialogo e alla ricerca delle migliori soluzioni per conciliare il mantenimento della funzionalità del fiume con un’agricoltura di qualità e sostenibile.
Legambiente, Associazione Ambiente 2000, WWF, Italia Nostra