Carovana delle Alpi 2015
3) a: Comunità Montana della Carnia- MOTIVAZIONI: motivazioni: per i cosiddetti percorsi ciclabili
Il successo della ciclovia Alpe Adria – che, una volta completata, dovrebbe collegare Salisburgo a Grado lungo un percorso complessivo di 380 chilometri – sta aprendo gli occhi anche a molti amministratori e operatori turistici che avevano guardato con scetticismo il nascere di questa iniziativa alla quale, nel 2008, Legambiente assegnò la “bandiera verde”. Se per questa infrastruttura, che in Italia inizia al valico di Coccau (Tarvisio) e corre lungo la dismessa linea ferroviaria Pontebbana in direzione della pianura, ci sono notizie positive con l’individuazione del percorso da seguire a valle di Resiutta, dove attualmente si interrompe, e con il premio attribuitole lo scorso gennaio come “Pista ciclabile dell’anno” alla fiera “Fiets en Wandelbeurs” di Amsterdam, le cose non vanno altrettanto bene per quelle che dovrebbero essere le sue “diramazioni” in Carnia. Il panorama, anzi, appare qui, sotto vari aspetti, decisamente sconfortante. Le prime ipotesi di tracciati risalgono agli ultimi anni del secolo scorso e la presentazione dei progetti definitivi delle piste ciclabili e dei percorsi ciclo-pedonali avviati dalla Comunità Montana della Carnia è avvenuta ormai più di dieci anni fa. A distanza di così tanto tempo, le aspettative sono andate in gran parte deluse: pochi i percorsi completati ed effettivamente fruibili (in genere quelli che si sono sovrapposti ad opere esistenti e che non necessitavano di particolari interventi, come la strada militare Cavazzo-Pioverno); molte le opere incomplete o non ancora avviate (clamorosa, in particolare, l’impossibilità di superare alcuni torrenti, come il Vinadia a Villa Santina, per l’assenza o la mancata previsione di ponti); lunghe tratte praticabili solo da provetti “scalatori”, a causa di pendenze eccessive, o caratterizzate dalla pericolosa presenza di detriti come conseguenza di interventi inopportuni o dell’innesco di piccoli movimenti franosi; numerosi e pericolosi gli innesti a raso e i tratti condivisi con la viabilità ordinaria; deterioramento precoce di alcune staccionate in legno; etc.; il tutto accompagnato da spese esorbitanti. Per gli interventi realizzati nei Comuni di Tolmezzo, Villa Santina, Lauco, Ovaro, Zuglio, Arta Terme, Verzegnis e Cavazzo, la Regione aveva stanziato nel 2007 cinque milioni e mezzo di euro, ai quali se ne sono poi aggiunti altri, per opere discutibili o inizialmente non previste e per interventi di manutenzione “straordinaria”. Un esempio? Nel 2011 si decise che era indispensabile dotare i versanti di alcune opere di protezione dalla ipotetica caduta di massi, per un importo di 600.000 euro. Il principale di questi interventi, per il quale fu necessario approvare anche una variante urbanistica, comportò, curiosamente, il taglio di una fascia di bosco e di numerose piante di alto fusto, che probabilmente erano già sufficienti allo scopo, per realizzare un enorme vallo a fianco del percorso pedonale-ciclabile che da Tolmezzo porta a Cavazzo, poco oltre l’attraversamento del torrente Ambiesta. Mentre prendevano avvio questi lavori “ciclopici”, che di fatto hanno stravolto la natura dei luoghi, solo pochi mesi più tardi è sufficiente una notte di piogge intense per avere effetti devastanti nella tratta Sutrio-Piano d’Arta, con l’erosione e l’asporto di qualche centinaio di metri del piano viabile, a dimostrazione di una cattiva progettazione e di scelte dei percorsi errate. Quella che sembra essere mancata, in sostanza, è una corretta pianificazione e progettazione degli interventi, molto spesso pensati “sulla carta”, senza rendersi conto dei reali problemi e difficoltà. Inoltre non c’è stato un coordinamento e una collaborazione con gli enti che gestiscono la viabilità ordinaria, che avrebbe probabilmente consentito un miglioramento reciproco e un risparmio sui costi, riqualificando l’insieme del contesto e degli spazi utilizzati. Buona parte degli itinerari sono stati pensati per una fruizione esclusivamente sportiva e non hanno la caratteristica di proporsi come alternativa all’uso dell’autoveicolo privato nei collegamenti casa-lavoro e casa-scuola. Si tratta purtroppo di carenze alle quali non si riuscirà a rimediare completamente nemmeno con gli ultimi 800.000 euro stanziati dall’ente comprensoriale.