Per la Giornata Mondiale dell’Acqua una riflessione sui fiumi
Mancano circa due mesi all’adunata nazionale degli alpini, in programma ad Udine verso la metà di maggio, e già sono scorsi fiumi di inchiostro sui quotidiani locali e sono state impiegate decine di minuti nei notiziari televisivi per parlare di questo “straordinario evento”.
Non passa giorno che non ci si addentri nei preparativi, fin nei piccoli dettagli organizzativi. D’accordo, sarà una grande festa, un’occasione per rinnovare lo spirito di solidarietà e di amicizia con il Friuli, un’opportunità senza dubbio da sfruttare per i tanti esercizi pubblici, ma, inevitabilmente – e lo dico da appassionato di vini – saranno anche delle giornate in cui l’alcol scorrerà a fiumi, nonostante i recenti allarmi sulle conseguenze che un consumo di questa sostanza ha sulla nostra salute.
Sono indispensabili tutto questo spazio e questa enfasi nei confronti dell’evento? I fiumi, anche quelli della regione più piovosa d’Italia, sono drammaticamente in secca e la perdurante siccità mette a rischio molte produzioni agricole. Se lo stesso spazio ed attenzione, magari con ripetuti richiami, fossero destinati dagli organi di informazione al tema dei cambiamenti climatici, che molti esponenti dell’Amministrazione Regionale continuano a negare, forse qualche risultato concreto e qualche significativa modifica negli stili di vita si sarebbe già raggiunto.
C’è un ultimo aspetto, poi, su cui mi sembra necessario riflettere. In tempi in cui si combatte sanguinosamente a poche centinaia di chilometri di distanza dai nostri confini, sentir parlare di ripristino del servizio militare obbligatorio o proporre corsi di addestramento all’uso delle armi nelle scuole, dovrebbe preoccupare e sollevare una reazione anche da parte degli ex alpini che si apprestano a sfilare per le vie di Udine. C’è bisogno di ben altro. Dopo il terremoto del 1976, i parlamentari friulani riuscirono a far approvare una legge che, per la prima volta in Italia, esentava i giovani dal servizio militare obbligatorio in caso di catastrofi naturali. Molti di noi, infatti, furono esentati o svolsero il periodo di leva nel corpo dei Vigili del Fuoco.
Oggi, davanti all’emergenza climatica, ci sarebbe la necessità di sperimentare un servizio civile, che insegni ai giovani non a maneggiare le armi, ma ad utilizzare pala, piccone, motosega, decespugliatore e conoscenze scientifiche per la cura e manutenzione del territorio. Non si tratta più di difendere il “sacro suolo della Patria”, ma il suolo “tout court”, prima che i fiumi si riempiano nuovamente e rovinosamente di fango e detriti a causa di eventi atmosferici estremi.
Tolmezzo, 23 marzo 2023
Marco Lepre
Circolo Legambiente della Carnia-Val Canale-Canal del Ferro
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Carlo Danzi
Condivido le considerazioni fatte sul servizio civile.