Questa acciaieria non s’ha da fare!
Legambiente: “È un progetto sbagliato per il Paese e il Friuli Venezia Giulia. Il ministro Urso faccia chiarezza sulle strategie future per la siderurgia in Italia”
“Questa acciaieria non s’ha da fare”. Così si è espresso il Presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani, giovedì 15 giugno nella conferenza stampa ospitata dal Marina S. Andrea, alla foce del fiume Corno nell’area industriale Aussa Corno a S. Giorgio di Nogaro.
Il discusso insediamento siderurgico Danieli-Metinvest, che sta agitando notevolmente le popolazioni della Bassa Friulana e le istituzioni che le rappresentano, è, innanzitutto, una vicenda poco trasparente: scarsa informazione al pubblico, conferimenti di studi di impatto alle Università in assenza di un progetto, posizioni altalenanti dell’amministrazione regionale. Il tutto in uno degli ambienti più delicati e preziosi in regione. Il Presidente di Legambiente sottolinea, infatti, l’impatto che avrebbe un’acciaieria in prossimità della laguna, considerando la logistica a supporto di un impianto di tale taglia (si parla di una produzione di acciaio da 2,4 a 4 milioni di tonnellate all’anno, una quantità simile alla produzione attuale dell’Ilva di Taranto), i flussi di materiali in ingresso e in uscita, i dragaggi necessari fino a mare aperto, la presenza di inquinanti nei sedimenti e la produzione di gas climalteranti. Insomma, il sito è assolutamente inidoneo per l’ipotizzato impianto.
Inoltre, il presidente si sofferma anche sulla valenza nazionale della proposta, per le quantità coinvolte e l’impatto sulle strategie nazionali nel settore e chiede al governo Meloni e al ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, di fare chiarezza sullo scenario futuro per la filiera siderurgica del Paese.
Oltretutto, sottolinea Michele Tonzar della Segreteria di Legambiente Friuli Venezia Giulia, il rischio di ripercussioni sul turismo transfrontaliero è evidente e viene testimoniato dall’intera pagina sul tema dedicata dal quotidiano austriaco Kronen Zeitung, che lancia più di un allarme sui danni ambientali che potrebbero derivare dal megaimpianto.
Senza dimenticare che sulle sponde del fiume Corno e sulla parte più prossima alla laguna della zona industriale ci sono importanti e qualificati porti turistici e cantieri per la nautica da diporto la cui attrattività sarebbe seriamente compromessa. I territori non sono dei vuoti da riempire: occorrono strategie coerenti e sostenibili a maggior ragione in siti sensibili come quello proposto.
Michele Tonzar ha rilanciato la necessità di avere un piano per l’area industriale, tuttora incredibilmente mancante, fortemente improntato alla sostenibilità ed ha auspicato che gli studi delle Università e di esperti siano finalizzati a questo obiettivo. Si è soffermato poi sul dragaggio del canale di accesso che andrebbe ad imprimere una profonda ferita fino al mare aperto, per alcuni chilometri, in un’area di grande pregio naturalistico. Sono molte, infatti, le norme di tutela che riguardano quest’area lagunare, elemento caratterizzante del sistema regionale delle aree protette:
- è un Sito della Rete Natura 2000, la Rete di aree dell’Unione Europea prioritarie per valore naturalistico e per la tutela della biodiversità;
- è Zona Speciale di Conservazione (ZSC), per la protezione di habitat e specie animali e vegetali ai sensi della Direttiva Habitat 92/43/CEE;
- è Zona di Protezione Speciale (ZPS), per la tutela dell’avifauna e dei loro habitat ai sensi della Direttiva Uccelli 2009/147/CE.
Comprende, inoltre, due Riserve naturali regionali, la Valle Canal Novo e le Foci dello Stella e, a testimonianza del prezioso valore naturalistico e del ruolo ecologico, le foci dello Stella sono comprese nelle “Zone Ramsar”, la Convenzione internazionale per la conservazione delle zone umide. Si ha davvero il coraggio di mettere a repentaglio questo patrimonio di natura? conclude Tonzar. Roberto Urbani, del Gruppo di lavoro sull’Energia di Legambiente FVG, ha espresso la convinzione che questa vicenda debba essere affrontata perlomeno su scala nazionale. La realizzazione di un impianto di produzione di acciaio di 2 o 4 milioni di tonnellate a San Giorgio di Nogaro entrerebbe in competizione con l’Ilva di Taranto.
A proposito dell’alimentazione ad idrogeno, la cui produzione richiede moltissima energia, prosegue Roberto Urbani, nessuno si azzarda a fare una stima di quanto ne servirebbe e come si pensa di ottenerlo. In Svezia e Germania si sta procedendo in questo senso, ma sfruttando gli sterminati campi eolici in mare, già esistenti ed in via di grande incremento. Dal momento che la produzione di quantità consistenti di idrogeno da fonti rinnovabili, per il momento, non è all’ordine del giorno, è molto probabile che l’energia necessaria sarà prodotta utilizzando gas naturale, alimentando in modo significativo le emissioni climalteranti.