Il Punto sul Tagliamento. Quattro indicazioni emerse dal Convegno di Enemonzo
Folta partecipazione di pubblico e alta qualità delle relazioni hanno caratterizzato il Convegno sul Tagliamento organizzato ad Enemonzo il 04 Gennaio 2025.
Sul palco si sono alternati: Laura Fagioli, Franceschino Barazzutti, Antonella Astori e Roberto Pizzutti.
La parola spetta adesso ai Sindaci della Montagna per riportare al centro dell’attenzione i problemi del corso superiore del fiume, penalizzato dagli indiscriminati prelievi a scopo idroelettrico ed irriguo e storicamente il più colpito, come perdita di vite umane e danni materiali, dai frequenti eventi alluvionali.
——-
Piena riuscita per il Convegno “Facciamo il punto sul Tagliamento”, svoltosi ad Enemonzo lo scorso 4 gennaio su iniziativa del circolo Legambiente della Carnia, del Comitato Popolare per la Tutela delle Acque del Bacino Montano e del Comitato Gian Francesco da Tolmezzo di Socchieve.
Da parte degli organizzatori è stata espressa soddisfazione sia per la partecipazione – la Sala del Centro Sociale era quasi piena e sono state stimate poco meno di 200 presenze – sia per gli amministratori locali intervenuti, in rappresentanza di un numero di Comuni superiore a quello degli enti (Ampezzo, Enemonzo, Socchieve, Tolmezzo e Verzegnis) che avevano formalmente concesso il loro patrocinio, sia per l’invito raccolto anche dai Consiglieri Regionali Furio Honsell e Serena Pellegrino.
L’incontro aveva fondamentalmente uno scopo informativo e sono stati, infatti, soprattutto il contenuto scientifico e l’interesse suscitato dalle relazioni presentate a qualificare l’iniziativa ed a farne risaltare l’importanza e l’utilità. Queste, in sintesi, sono le principali indicazioni emerse.
In primo luogo è stato evidenziato come il Tagliamento, definito giustamente il Re dei fiumi alpini, venga “umiliato” nel suo corso superiore, messo com’è sotto il pesante giogo degli interessi dei produttori idroelettrici da un lato, e dalla minaccia di nuove derivazioni a scopo irriguo dall’altro. Oltre alla necessità di ristabilire la continuità del deflusso negli alvei e la ri-naturazione del Lago di Cavazzo o dei Tre Comuni, è necessario che la Regione ponga un freno a nuove captazioni, come quelle richieste da società private tra Arta e Zuglio lungo il But e a valle di Pontebba sul Fella. Alvei perennemente in secca e portate che scorrono in condotte forzate verso una serie di turbine poste in successione rappresentano una forma di sfruttamento “coloniale” non più tollerabile, né compatibile con le direttive e le politiche dell’Unione Europea. L’obiettivo, in sostanza, è quello di ripristinare quell’uso plurimo e diversificato delle acque che ha caratterizzato la cultura della popolazione di montagna e identifica la stessa civiltà alpina.
In secondo luogo, la ormai prossima scadenza della concessione delle grandi derivazioni al servizio delle Centrali di Ampezzo e Somplago deve portare al subentro di una società pubblica regionale, sul modello di quanto è stato già realizzato dalle Province Autonome di Trento e Bolzano. In questo modo si otterrà una gestione più corretta sotto il profilo ambientale e si dovrebbe garantire quel ritorno economico previsto dalla legge per le comunità locali.
In terzo luogo, come ha ben messo in luce la relazione della geologa Antonella Astori, i dati storici e le statistiche dimostrano che ad aver pagato il più alto prezzo in termini di perdite umane e di danni materiali per le numerose alluvioni registrate nel territorio della regione è stata la Montagna. Eventi eccezionali, come l’esondazione del Tagliamento a Latisana nel 1966 (che però non provocò vittime tra i residenti), sono dovuti al verificarsi simultaneo di tre fattori: precipitazioni intense, che si prolungano per più giorni consecutivi e colpiscono una area vasta. Solo la loro contemporaneità e l’accumularsi di un’onda di piena lungo il fiume ed i suoi principali affluenti può minacciare la Bassa friulana. Si tratta, quindi, di un evento di probabilità assai remota che non giustifica la realizzazione di un’opera contestata, molto costosa e problematica, come la prevista “Traversa” all’altezza del ponte di Dignano.
Infine, i cambiamenti climatici di cui abbiamo avuto dimostrazione negli ultimi decenni dimostrano la maggiore frequenza di eventi atmosferici particolarmente intensi, ma di breve durata e su aree circoscritte. Essi non costituiscono una minaccia per Latisana, ma provocano conseguenze anche gravi nell’area alpina e prealpina. Si tratta, quindi, di utilizzare le sempre più scarse risorse pubbliche nella cura e nella manutenzione del territorio, con interventi equilibrati e ragionevoli, ben diversi da alcuni di quelli messi in atto dalla Protezione Civile dopo la Tempesta Vaia. Non vorremmo più vedere la creazione di argini che tolgono naturali spazi di espansione al fiume, né costosi quanto inutili livellamenti delle ghiaie nei greti del Tagliamento e dei suoi principali affluenti, con la creazione di “canali” al centro del greto lungo i quali dovrebbero defluire le acque.
Sono bastate le prime giornate di pioggia a restituire al fiume i suoi naturali canali intrecciati.
Nel corso del Convegno sono state ricordate le figure di due Sindaci: Riccardo Romanin, che nel 1966 guidava l’Amministrazione di Forni Avoltri e che il 4 novembre fu inghiottito assieme al tecnico comunale e a due operai mentre transitava con la sua auto sul ponte del Degano per prestare soccorso alla popolazione e Vittorio Cella, Sindaco di Verzegnis nei primi anni del secolo scorso. Come Direttore del complesso delle Cooperative Carniche, Cella, creando l’Ente Autonomo Forze Idrauliche del Friuli, fu uno dei più strenui avversari della SADE, sostenendo che solo gli enti pubblici, e non le società private, potevano realizzare un corretto utilizzo delle risorse idriche per produrre energia elettrica a vantaggio del territorio montano e insieme una equilibrata sistemazione dei bacini idrografici.
Tenendo presente questi insegnamenti e l’esempio che ci hanno dato, spetta ora ai Sindaci di oggi prendere una chiara posizione e rivendicare un ruolo centrale per il territorio montano nel dibattito che si è acceso sul futuro del Tagliamento.
Circolo Legambiente della Carnia-Val Canale-Canal del Ferro