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Lettera ai Sindaci della Montagna

Lettera ai Sindaci della Montagna

La montagna chieda rispetto per tutte le vittime delle alluvioni! No alle ricostruzioni parziali, imprecise e a scopo propagandistico

Una grave “gaffe” istituzionale si era già verificata lo scorso 4 novembre, anniversario della storica alluvione che nel 1966 colpì il Centro ed il Nord Italia, provocando la disastrosa esondazione dell’Arno a Firenze, la prima grande “acqua alta” di Venezia e circa 130 vittime distribuite in varie regioni. A Trieste, in occasione di un’Audizione presso la IV Commissione, riunita per discutere il progetto di “Traversa” ipotizzata sul Tagliamento a Dignano, ad inizio seduta fu chiesto a tutti gli intervenuti nell’Aula del Consiglio Regionale di osservare un minuto di silenzio in memoria delle “vittime dell’alluvione di Latisana”. In realtà, come ci eravamo sentiti subito in dovere di chiarire, in quel tragico evento, che vide Latisana inondata per la seconda volta nel giro di poco più di un anno, nessun abitante della cittadina perse la vita. A Latisanotta, infatti, la piena investì sfortunatamente un’auto in transito con a bordo sei veronesi di origine isontina, due dei quali riuscirono a salvarsi. Ben più tragica era stata invece la situazione della montagna, con gravissimi danni, quantificati in 15 miliardi di lire, paesi isolati, frane, ponti e segherie spazzate via e una decina di morti. Tra di essi Riccardo Romanin, l’eroico Sindaco di Forni Avoltri, che, a bordo della sua millecento, assieme al tecnico comunale e a due operai, fu inghiottito da una voragine apertasi sul ponte del Degano mentre si recava a soccorrere la popolazione. Questi fatti, incredibilmente, erano stati dimenticati o addirittura ignorati dall’Amministrazione Regionale.
Bene, anzi, male, qualcosa di altrettanto, o, forse, ancor più grave è avvenuto lo scorso 2 settembre a Latisana, in occasione delle celebrazioni del 60° anniversario dell’esondazione del Tagliamento, iniziativa promossa dalla locale Amministrazione Comunale, grazie ad un cospicuo contributo finanziario della Regione (80 mila euro), stanziato a seguito del recente Assestamento di Bilancio. Anche in questo caso colpisce una ricostruzione parziale degli avvenimenti, incentrata tutta sulla drammatica esondazione del Tagliamento per la rottura degli argini a monte di Latisana. Tra agosto e la fine del settembre 1965, infatti, ad essere colpite da eccezionali precipitazioni, che provocarono decine di vittime, furono vaste aree d’Italia e d’Europa. In Friuli molte località montane restarono isolate (crollarono i ponti di Preone, di Raccolana e sulla Pesarina, tanto per fare qualche esempio) e a finire sott’acqua furono anche Venzone, Barcis, Pordenone, zone di Udine e vari Comuni della Bassa. A queste evidenti omissioni va aggiunto, però, qualcosa di peggio.
Per dare maggiore enfasi alla propria celebrazione e per rivendicare con maggior forza la realizzazione di quelle opere di messa in sicurezza che Latisana e la Bassa attenderebbero invano da allora, non si è esitato, infatti, a mettere sul piatto della bilancia il numero delle vittime del disastro. Così, martedì scorso, le luci del palco del Teatro Odeon si sono accese per illuminare undici sedie rosse, sistemate una accanto all’altra, per rappresentare – è stato detto dall’Assessore Comunale Vignotto – “gli undici cittadini latisanesi e non solo, che non possono essere qui questa sera, perché il 2 settembre 1965 sono periti in occasione dell’alluvione”. Undici sedie vuote, senza un nome, una fotografia, un dato che ci facesse risalire all’età, alla professione, alla residenza, alla causa del decesso e al luogo eventuale di ritrovamento del corpo. Nell’inserto (a pagamento?) apparso sul quotidiano Messaggero Veneto lo scorso 2 settembre, si conferma il numero di undici morti, ma si indicano con nome e cognome solo tre latisanesi (persone che oggi avrebbero, rispettivamente, 140, 129 e 112 anni e che solo la “fantasia” dell’Assessore Vignotto immaginava che sarebbero stati presenti alla cerimonia in Teatro, se non fossero rimasti vittime dell’esondazione), più due stranieri, probabilmente turisti austriaci. E gli altri sei? Mistero. Pare che, nonostante l’impegno e i fondi messi a disposizione dalla Regione, il Comitato nato per celebrare l’evento non sia venuto a capo di nulla.
Una cosa almeno, però, potrebbero spiegarci. Come mai una fonte attendibile, il registro del Servizio Informativo sulle Catastrofi Idrogeologiche (SICI), ideato dal Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), per l’alluvione del settembre 1965, a Latisana, indica un solo decesso? E’ anche possibile che il CNR si sbagli; rimane il fatto, però, che, sfogliando tutti i numeri del settembre 1965 del Messaggero Veneto, curiosamente nei titoli e nei sottotitoli della cronaca non si trova alcun cenno alle vittime o ai funerali, se non la segnalazione di “un morto a Crosere” sulla prima pagina del numero del 4 settembre. I morti, anche quelli delle alluvioni, indipendentemente da quanti siano e da dove risiedessero, non sono numeri, ma corrispondono a persone, ognuna delle quali merita rispetto, quel rispetto che gli organizzatori delle celebrazioni di Latisana non ci sembra abbiano dimostrato.
Un altro aspetto crediamo sia ormai chiaro. Dopo il morto di Crosere o i tre morti di cui parlano i rappresentanti del Comitato sorto per ricordare le alluvioni, dal 1965 in qua a Latisana non è più morto nessuno a causa delle piene del Tagliamento, così, come, dopo il rafforzamento delle roste, l’innalzamento del ponte ferroviario e la ricalibratura del canale Cavrato, nessuna goccia d’acqua ha travalicato gli argini. C’è stata solo “apprensione”, in determinati momenti. In montagna, invece, dopo le dieci vittime del 1966, la sequenza non è certo finita: basti ricordare i quattro morti di Paularo nel 1983, i tre in Carnia del 1996 e i due di Ugovizza del 2003. Questo dimostra l’esistenza  di una vulnerabilità e la necessità di una cura e manutenzione del territorio che dovrebbe venire prima delle “grandi opere” sollecitate da Latisana e della quale la stessa pianura potrà trarre beneficio. Da un costoso ed inutile “eco-mostro”, come la “Traversa” di Dignano, non arriverà, invece, nessun reale vantaggio, a parte la possibilità, per gli operatori immobiliari, di togliere finalmente molti vincoli di inedificabilità su terreni di Latisana, Lignano e sul versante veneto del fiume, come ha annunciato con soddisfazione, in una trasmissione mandata in onda da un’emittente televisiva privata, la Consigliera Regionale Maddalena Spagnolo, la stessa che ha proposto di concedere gli 80 mila euro per le celebrazioni del recente anniversario.
Il 9 novembre 1966, all’indomani della tragica alluvione, la Gazzetta Ufficiale pubblicava  il Decreto del Presidente della Repubblica recante le norme di attuazione del D.L. n. 914, con il quale veniva delimitata l’area colpita dall’alluvione cui destinare gli aiuti. Nell’elenco venivano inseriti i Comuni della bassa friulana e Pordenone, ma, incredibilmente, venivano dimenticati i 39 Comuni montani che costituivano la Comunità Carnica. La cosa sollevò l’immediata protesta dei Sindaci, che minacciarono dimissioni in massa, mentre i sindacati di zona decisero di proclamare lo sciopero generale qualora le richieste non venissero accolte.
Possiamo dire che, purtroppo, le cose non sono cambiate e la Regione, alcune istituzioni e la gran parte degli organi di informazione, continuano a comportarsi nei confronti della montagna come la matrigna faceva con Cenerentola! Inutile dire che, in questo contesto, Latisana interpreta il ruolo della antipatica sorellastra.

 

Tolmezzo, 7 settembre 2025

Marco Lepre
presidente del circolo
Legambiente della Carnia-Val Canale-Canal del Ferro

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