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Osservazioni sulla motocavalcata 2018

Osservazioni sulla motocavalcata 2018

Motocavalcata 451x300Si riporta una parte dell’intervento del presidente di Lagambiente Circolo della Carnia, Marco Lepre, che insieme all’associazione ha descritto la situazione dell’ambiente montano facendo pervenire il comunicato ai presidenti delle U.T.I della Carnia e ai sindaci interessati. In allegato il pdf con il comunciato stampa completo.

E’ ormai da vari anni che la nostra associazione Circolo Legambiente Carnia, così come altre che si occupano della tutela dell’ambiente montano, presenta le proprie “osservazioni” riguardo alla richiesta di autorizzazione in deroga ai divieti previsti dalla L.R. 15/1991 e succ. mod. ed int., avanzata per tutta una serie di manifestazioni motoristiche, sia di carattere competitivo che non. Credo che chiunque si prenda la briga di rileggersi quegli interventi scoprirà quanto essi fossero lungimiranti e paventassero il verificarsi di conseguenze che poi, purtroppo, si sono puntualmente avverate. Non che i nostri sforzi e il nostro impegno siano stati del tutto inutili o non siano stati presi in considerazione, solo che, spesso, un risultato è stato ottenuto solo davanti all’evidenza dei fatti. Ad esempio, è stato necessario documentare le pessime condizioni in cui nel giugno 2012 era stato ridotto il sentiero segnavia CAI n. 205, tra Casera Tamarut e Casera Rioda, dai partecipanti a quella edizione della “Motocavalcata”, per stabilire il principio che tutti i sentieri curati dal C.A.I. dovessero essere automaticamente esclusi dai percorsi. Dopo la segnalazione di palesi violazioni rispetto a quanto stabilito nelle “autorizzazioni”, è stata poi recepita un’altra nostra proposta, della quale è stata riconosciuta la ragionevolezza da parte dei funzionari della Comunità Montana, vale a dire l’introduzione di un automatico diniego, nel caso in cui si verificassero queste violazioni, per le future edizioni che dovessero essere riproposte dalle medesime associazioni. Nell’affrontare nuovamente questo argomento, riteniamo pertanto che tutti i soggetti interessati, ed in primo luogo le istituzioni a cui spetta valutare e decidere sulle nuove richieste di autorizzazione o esprimere un parere, debbano fare una seria riflessione e un bilancio complessivo di quanto sta accadendo. Non era, infatti, certo tra gli obiettivi dei legislatori che hanno introdotto la possibilità di deroghe ai divieti, quello di incentivare le pratiche abusive che si stanno registrando in questi ultimi anni.

A noi sembra evidente che l’accondiscendenza spesso dimostrata nell’accogliere le tesi sostenute dagli organizzatori delle varie manifestazioni (basti pensare alla prevalenza assegnata alle esigenze del calendario gare stabilito dalla Federazione Motociclistica, rispetto alla necessità di minimizzare l’impatto sull’avifauna, particolarmente delicato nei periodi di nidificazione), unita all’insufficienza e spesso alla completa assenza di controlli e di repressione degli illeciti da parte del corpo forestale e delle altre forze preposte alla vigilanza, hanno finito per creare un pericoloso “circolo vizioso”. Come era facile immaginare, l’effettuazione di gare o “motocavalcate” non competitive in aree di solito interdette ai veicoli a motore, ha generato una spinta all’emulazione e la convinzione, tra i proprietari di moto da enduro e da trial residenti in Friuli, che quello che viene “eccezionalmente” consentito a molti, in una determinata giornata, possa essere lecito, o comunque tollerato, per i singoli o per piccoli gruppi, durante tutto il resto dell’anno.

Il risultato è che oggi, rispetto a quindici anni fa, ci troviamo davanti ad una crescita dell’abusivismo praticato in tutti i mesi dell’anno, alla presenza di gruppi di motociclisti d’oltralpe che, come hanno riferito anche recentemente i giornali, effettuano delle vere e proprie scorribande anche all’interno di aree naturali protette, alla realizzazione di piste abusive di allenamento in ambiti boschivi e fluviali che interferiscono, oltretutto, con iniziative di turismo basato sul silenzio e la tranquillità (come il “Cammino delle Pievi”), alla diffusa circolazione, anche sulla viabilità ordinaria, di mezzi privi di targa, etc. etc.. Per non parlare dell’aumento della maleducazione e dell’arroganza che si riscontra nei motociclisti colti in flagrante a transitare su percorsi a loro interdetti, come chiunque si sia trovato in questa situazione può testimoniare. Come si saprà, questi atteggiamenti, di per sé preoccupanti, hanno ampiamente superato il limite di guardia con quanto avvenuto lo scorso mese di agosto, a 1800 metri di altitudine, sul versante meridionale del Gruppo del Monte Crostis, quando si è verificata una grave aggressione nei confronti di un socio del CAI, colpito per di più da disabilità motoria, che aveva fotografato un gruppo di motociclisti mentre percorrevano abusivamente un sentiero. Il fatto che il principale imputato di questo reato, chiamato a risponderne davanti al Tribunale di Udine, sia il sig. G.C.S., residente a Comeglians, persona che figurava già nell’edizione 2014 della “Motocavalcata delle Alpi Carniche” come uno dei referenti dell’A.S.D. Mo.C.Tu.S. di Ovaro, nella domanda da questa presentata alla Comunità Montana, chiude il cerchio. Bisognerà naturalmente attendere una sentenza definitiva, ma fin da adesso possiamo sottolineare che né da parte dell’associazione motoristica di Ovaro, né da parte di altre associazioni del medesimo ambiente, sia stata espressa solidarietà nei confronti di chi è stato aggredito, né che sia stato condannato o si siano prese le distanze da questo gravissimo episodio. Al contrario – come ricordato in un articolo apparso sul numero di maggio 2018 di “Montagne 360”, la rivista nazionale del CAI – sappiamo che la vittima ha dovuto subire attraverso i social network accuse e ingiurie provenienti dal mondo degli “appassionati” dei motori. Se a rappresentare l’associazione che dichiara e si impegna a rispettare le norme stabilite dalla legislazione regionale è anche chi per primo si fa cogliere, in più di un’occasione, a percorrere in sella alla sua moto percorsi vietati e si macchia poi di un reato particolarmente odioso perché perpetrato per futili motivi e nei confronti di un disabile, non sappiamo quale credito possa d’ora in poi essere a questa concesso. Il nesso tra pratica abusiva degli sport motoristici e organizzazione di manifestazioni in deroga alla L.R. 15/1991, che già avevamo ipotizzato in passato, facendo notare la presenza di immagini che ritraevano moto da trial e da enduro sulla vetta del Monte Lovinzola esibite anche dal sito web che pubblicizzava l’edizione 2012 della ”Motocavalcata”, parrebbe ora inequivocabilmente dimostrato e dovrebbe spingere tutti a trarre le inevitabili conclusioni.