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Legambiente: entro gennaio l’avvio della procedura per il riesame dell’AIA della centrale a carbone, ma la riconversione dell’area resta un’incognita

bruno arpaia libroCi si avvicina, a passi lenti per la verità, al 2025, data fatidica in cui è prevista la chiusura della centrale a carbone di Monfalcone. Tutti o quasi ne siamo contenti, auspichiamo anzi che lo stop arrivi in anticipo sulla data prefissata ma, con il passare del tempo questo sembra essere più di un miraggio. Da anni, dal 2012 almeno, Legambiente predica nel deserto sostenendo che c’è da mettersi a lavorare per un progetto di riconversione dell’area che preveda, oltre alla dismissione ed alla bonifica (c’è anche parecchio amianto!) un’idea di futuro per l’area che tenga in debito conto le opportunità di sviluppo sostenibile, garanzie per l’occupazione e la “liberazione” dei cittadini del “Rione Enel” da questa ingombrante presenza.

Il riesame dell’AIA (Autorizzazione Ambientale Integrata) per questo tipo di impianti, di cui si parla da tempo, sembra stia per essere avviato anche se, va detto per onestà, i tempi fisiologici per il completamento del procedimento non saranno brevi, e rischiano di concludersi a ridosso della data in cui è previsto l’abbandono del carbone e la conseguente sospensione dell’attività della centrale.
Legambiente nazionale infatti, informa che entro fine gennaio, tutti i grandi impianti di combustione che utilizzano carbone o altri combustibili saranno obbligati ad avviare il procedimento per il riesame dell’AIA, che (per gli impianti a carbone) dovrà comprendere anche il piano di fermata definitiva e messa in sicurezza entro i termini previsti dalla SEN (Strategia Energetica Nazionale), ossia entro il 31 dicembre 2025.
Lo ha stabilito il Ministero dell’Ambiente a fine novembre, con un decreto attuativo del Codice dell’Ambiente 152/2006, che prevede appunto il riesame/rinnovo delle AIA per i grandi impianti di combustione, sulla base delle conclusioni della Commissione UE sulle migliori tecnologie disponibili (BAT).
Sulla fuoriuscita dal carbone al 2025, dal decreto si apprende che, ad inizio ottobre, il Ministero dell’Ambiente ha richiesto al Ministero dello Sviluppo economico una verifica in relazione ad eventuali motivi ostativi all’attuazione della previsione della SEN, anche in considerazione della necessità di garantire la sicurezza energetica e che il Ministero dello Sviluppo economico non segnalava alcun impedimento.
Tenuto conto della tempistica prevista per il riesame (4 anni) il Ministero dell’Ambiente ha stabilito anche che gli impianti a carbone debbano presentare la documentazione per il riesame entro il 31 gennaio 2019.
Bene! Ora però ci si preoccupi per il futuro di quest’area di quasi 30 ettari.
Le proposte di Legambiente, formulate nell’incontro pubblico a gennaio 2018 e del tutto attuali, sono, per quanto ne sappiamo, le uniche sul tavolo e vogliono essere un contributo concreto per un progetto di riconversione che deve essere avviato immediatamente, con il coinvolgimento di Istituzioni, soggetti economici (A2A in primis), Organizzazioni sindacali.
Ricordiamo i punti essenziali della proposta:
Produzione e accumulo di energia: realizzazione di un parco Fotovoltaico di almeno 3 MW di potenza installata (circa 3 ettari), cui abbinare un sistema di accumulo (Storage); tenuto conto che dalla centrale partono importanti linee di trasporto di energia, questo può essere un elemento molto appetibile per l’insediamento di una centrale di accumulo, utilizzando un import di batterie dei veicoli elettrici non più idonee per l’alimentazione delle autovetture ma con un 30% di carica residua da sfruttare.
Economia circolare: Avvio di un centro di recupero per le batterie esauste e sviluppo di un centro di raccolta e trattamento dei Raee (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) che vengono definiti una vera e propria “miniera urbana”, con il recupero e riutilizzo di preziosi materiali che diventano risorse seconde.
Sviluppo del Porto: L’area possiede una banchina con circa otto metri di pescaggio che A2A gestisce autonomamente per l’attracco delle chiatte con il carbone e ampie aree retrobanchina (il carbonile e altre) che potrebbero ospitare, ad esempio, l’import di autovetture dalla Germania destinazione far east, che Monfalcone si è lasciata sfuggire a suo tempo a beneficio di Capodistria, proprio per mancanza di piazzali adeguati. La dotazione di una serie di servizi a contorno (lavaggio, montaggio di alcune parti, ecc) potrebbe garantire un’interessante opportunità occupazionale.
Area verde: Creazione di un’ampia zona “cuscinetto” con funzioni ricreative tra le case del rione e l’ex insediamento industriale.

Purtroppo il tavolo regionale di esperti che stava iniziando ad occuparsi dell’argomento, istituito dalla precedente amministrazione regionale, è stato sbrigativamente accantonato ed il rischio di arrivare alla chiusura della centrale senza un piano per offrire opportunità di sviluppo per questo territorio, è un’ipotesi da scongiurare.