A proposito di prevenzione idreogeologica… il caso dello “sbarramento” sul torrente But
Ricorderete tutti le polemiche seguite all’alluvione dello scorso ottobre, con le dichiarazioni del ministro Salvini contro “gli ambientalisti da salotto”, subito riprese dalle più alte autorità della nostra regione. Il 1 dicembre, il quotidiano Messaggero Veneto riferiva che in un incontro con la protezione civile e gli amministratori locali, tenuto a Ravascletto, il Presidente della Regione Fedriga se l’era presa, in particolare, con quegli ambientalisti che, “alzando la mano dal salotto”, impediscono “di togliere la ghiaia dai fiumi…”.
All’epoca avevamo provato a replicare, con tanto di documentazioni fotografiche relative al torrente Degano, dimostrando che gli interventi per le pulizie degli alvei non solo erano avvenuti, ma, in quel caso, non erano serviti ad impedire il crollo parziale di due ponti, uno a monte e uno a valle). Sottolineavamo anche che, invece di riproporre triti “luoghi comuni”, era il caso di considerare le responsabilità dei cambiamenti climatici e di chi li favorisce o ne nega l’esistenza. A chiarire come stiano effettivamente le cose e come vengano gestiti i nostri fiumi presentiamo il caso emblematico del Torrente But, immediatamente a valle dello Stabiilimento Termale di Arta.
Già nel gennaio 2013 avevamo segnalato agli uffici regionali il problema della presenza di un enorme sbarramento (circa 400 metri di lunghezza), realizzato in parte con ghiaie e materiali presenti in alveo ed in parte con veri e propri massi di scogliera del tipo utilizzato per le difese spondali. Scopo evidente dell’opera era quello di convogliare tutte le acque in direzione della presa di una esistente centralina idroelettrica. Nel Comunicato Stampa che avevamo emesso all’epoca, già paventevamo quello che avrebbe potuto accadere in caso di una delle periodiche piene del fiume.
Bene, non solo non siamo riusciti a capire se le opere erano state regolarmente autorizzate e se siano state comminate delle sanzioni, ma possiamo dire con certezza che lo sbarramento era ancora in essere al momento degli eventi atmosferici dello scorso ottobre. E’ facile immaginare che, in occasione dell’onda di piena, la “diga” abbia quindi contribuito all’innalzamento del livello delle acque subito a monte e all’erosione delle sponde che, in particolare in riva destra idrografica, ha comportato vari danni tra cui l’asportazione di parte della pista ciclabile “FVG 8” e dei relativi ponticelli in legno (vedi foto allegate). Nei primi mesi di quest’anno la “diga” è stata nuovamente ripristinata (vedi altre foto allegate), come se niente fosse.
Abbiamo scritto nuovamente alla Regione (Servizio Difesa del Suolo) e siamo in attesa di ottenere una risposta – speriamo – esauriente. Se l’opera è abusiva è chiaro che chi doveva vigilare non ha vigilato. Se l’opera era stata in qualche modo autorizzata (senza valutarne anche le conseguenze sul paesaggio e sull’ambiente, dato che non veniva rispettato il minimo deflusso vitale e la continuità del flusso delle acque) lo si è fatto sbagliando, perché adesso i costi per il ripristino della pista ciclabile graveranno su tutta la comunità (mentre gli utili sono andati ai proprietari della centralina idroelettrica!). Come se tutto ciò non bastasse, l’opera – come detto – è stata messa di nuovo in essere (in attesa della prossima alluvione?).
Nota. Un paio di mesi fa l’Assessore Regionale Riccardi ha tenuto un incontro con i Sindaci della Carnia per la ripartizione dei fondi per i danni provocati dall’alluvione. La riunione si è svolta presso il Municipio di Arta Terme, esattamente a 200 metri in linea d’aria dalla “diga” sul But.