Gli interventi di sistemazione invasivi nella Provincia di Gorizia
Si intensifica la tendenza di vari enti regionali a regimentare fiumi e torrenti, spesso con tecniche invasive e noncuranza per il delicato ambiente fluviale anche di corsi d’acqua di piccole dimensioni. Legambiente ritiene sia necessario promuovere una presa di coscienza più diffusa sulle implicazioni del fenomeno in campo ambientale, territoriale ed economico a cui anche le Amministrazioni locali difficilmente potranno sottrarsi dal prendere posizione visto che gli interventi assorbono consistenti fette di denaro pubblico in tempi di crisi e visto che la Commissione paesaggistica comunale ha pieno diritto di parola in merito.
Non si vuol dire, ovviamente, che lavori di sistemazione di frane, erosioni e allagamenti che si verificano sui corsi d’acqua non siano da effettuare soprattutto quando coinvolgono case o strade, ma che si facciano interventi laddove sia effettivamente necessario mirando più alla prevenzione che non alla sistemazione e con tecniche volte al minimo impatto ambientale, evitando cemento e materiali estranei al territorio.
Constatiamo invece che da parte degli enti preposti si continuano ancora ad utilizzare logiche e tecniche che non tengono in giusta considerazione le funzioni biologiche, ambientali e paesaggistiche dei corsi d’acqua su cui si agisce con spreco di materiali pregiati (di solito roccia carsica) e di denaro pubblico. Questo sia sulle aste dei fiumi principali (Isonzo, Torre, Judrio), sia sui rii minori del Collio, segno che le acque vengono considerate tuttora un elemento accessorio del territorio e non parte integrante dell’intero ecosistema con spiccata funzione regolatrice.
I casi indagati dal circolo della Legambiente di Gorizia sono il rio Snerdar a Cormons e il rio Piuma (Potok) a Gorizia. Nel primo caso a cura della Comunità montana del Torre, Natisone e Collio il vecchio sentiero che costeggiava il rio, che tra Brazzano e località Montona del Quarin scorre completamente immerso in zone umide e boschive, è stato trasformato in una strada bianca carrozzabile mentre il ruscello, di dimensioni assai contenute, ha subito in vari tratti rinforzi di sponda con scogliera di roccia carsica e punti di drenaggio in cemento, senza però manomettere l’alveo e con inserimento di piante erbacee e salici. Il rio è stato in buona parte rispettato nei suoi meandri naturali. Grazie al contributo dell’Ente Tutela Pesca sono stati rilevati diversi esemplari di trota fario nella zona alta del rio e buona presenza di macrobentos in alveo anche nei tratti risistemati a scogliera. L’intervento in località Limband-Fornasate-Montona ha imposto una spesa di quasi 120 mila euro forniti dalla Regione e ha interessato il tratto medio-alto del rio interrompendosi a circa 10 minuti di cammino dalla sorgente. Le segnalazioni giunteci dai residenti sostengono l’inutilità dell’intervento visto che la portata media del rio sarebbe di un paio di litri al secondo e nei rari periodi di piena non arreca alcun danno vista l’assenza di case e visto che i proprietari dei fondi boschivi non trovano alcuna difficoltà nel guadare il piccolo corso d’acqua con i trattori agricoli. La Comunità Montana invece sostiene che si tratta di un intervento di stabilizzazione della strada boschiva e interpoderale che franava dentro il rio anche a causa dei mezzi pesanti che i proprietari dei fondi usano e che hanno costretto già a precedenti interventi. La Comunità Montana lamenta inoltre il cattivo governo dei boschi da parte dei proprietari, visti infatti i tagli di boschi di quercus robur e di carpino bianco ove ora domina solo la robinia. Non è dato sapere se con nuovi stanziamenti la Comunità Montana continuerà la costruzione della strada fino alla zona di sorgente, cosa che appare da subito sproporzionata sia alle dimensioni del rio sia alle esigenze economiche dell’area.
Di ben altro impatto risulta il primo lotto dell’intervento di sistemazione idraulica e forestale del rio (potok) Piuma a Gorizia per circa duecento metri fino al ponte stradale prossimo alla foce. A cura della Regione FVG sono stati eseguiti numerosi tagli di alberi di sponda, sistemati sui versanti e nell’alveo imponenti massi carsici, allargato a tratti l’alveo stesso a evidenziare la gravità di un rischio idrogeologico di cui pare nessun locale si è mai accorto. Inoltre il rio corre qui all’interno del parco regionale Piuma-Isonzo e quindi non può danneggiare né case né altre strutture prioritarie. A risentire fortemente di questo drastico intervento è stato l’intero ambiente fluviale: vegetazione riparia asportata, come già sul torrente Groina lo scorso anno, pesci (barbo canino, gambero) e macroinvertebrati “espulsi” dalle macchine operatrici, assorbimento di calore attraverso le rocce carsiche inserite quando un rio come questo già in condizioni normali stenta a sopportare le temperature estive degli ultimi anni. La naturalità del corso d’acqua è quindi ad alto rischio. Il risultato paesaggistico è ovviamente negativo a conferma che interventi radicali e sproporzionati rispetto alle dimensioni e alle problematiche del torrente producono una inevitabile trasformazione del paesaggio proprio laddove si punta alla sua conservazione. Spiace constatare infatti che, nonostante i nostri auspici e le frequenti prese di posizione, sia stata ignorata la condizione di “parco” dell’area di intervento in cui mantenere e migliorare le condizioni di piacevolezza paesaggistica e di attrattività dovrebbero sempre essere tenute presenti. L’esclusiva realizzazione di scogliere in pietrame, negative sotto il profilo ambientale e squalificanti sotto quello paesaggistico, e soprattutto la manomissione dell’alveo indebolisce la capacità di autodepurazione dell’acqua ed i valori biologici importanti come la presenza di pesci ormai rari o la recente ricomparsa nel rio Piuma del gambero di fiume. Perché non usare invece delle scogliere semplici e robusti pali d’acacia, così abbondanti in loco, per rafforzare le zone di sponda? Forse che il verbo risparmiare è caduto in disuso?
Il secondo lotto di lavori sul rio Piuma riguarderà il rifacimento del ponticello presso il maneggio Remuda. L’importo complessivo dei due lotti comporterà una spesa superiore ai centocinquanta mila euro. Questo a fronte del vero problema irrisolto da decenni: la fogna che a cento metri dalla foce del rio continua indisturbata a sgorgare ed a riversarsi nell’Isonzo. Stessa sorte lamenta il torrente Groina, 200 metri più a valle.
Per l’ennesima volta ci appelliamo ai Servizi regionali preposti affinché operino in modo ambientalmente più consapevole, attuale e quindi sostenibile, applicando tecniche di ingegneria naturalistica che, abbinando contemporaneamente l’uso di materiali inerti (pietrame, legname, ecc.) e piante autoctone vive, realizzano efficaci difese antierosive, perfettamente eco-compatibili e che nel tempo entrano a far parte del sistema biologico del corso d’acqua, senza danni ambientali e paesaggistici di medio e lungo periodo. Queste stesse tecniche sono applicate con normalità in buona parte dell’Europa centrale ed in alcune regioni italiane come il Piemonte, il Trentino Alto Adige e sono state divulgate da diversi corsi organizzati anche dai competenti uffici della Regione stessa.
Ci appelliamo pure ai Comuni interessati perché pongano attenzione, in sede di progettazione, a qualità e necessità degli interventi sui propri corsi d’acqua per non perdere l’ennesimo pezzo di corso d’acqua naturale.
Circolo Legambiente di Gorizia
Legambiente FVG