Lettera al direttore del MV
Lettera al Direttore
Legambiente si è espressa contro il progetto di acciaieria proposto da Metinvest – Danieli. Prima di entrare nel merito delle motivazioni, una premessa.
L’associazione non è contraria alla produzione di acciaio destinato a usi civili (quanto acciaio sui teatri di guerra però!) utile alla transizione ecologica e con tecnologie in linea con gli sforzi di decarbonizzazione necessari a raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica al 2050.
Sappiamo anche che la tecnologia proposta da Danieli è oggi tra le più performanti a livello globale.
Ma allora, si chiedono in diversi, perché non cogliere questa opportunità che gli studi commissionati dalla Regione, condotti finora, descrivono essere senza impatti ambientali significativi, proficui per il territorio, con un effetto importante sul PIL regionale? Quest’ultimo aspetto è richiamato spesso dalla Danieli nella sua comunicazione.
C’è però un convitato di pietra: la Laguna di Marano e Grado, tutelata da una convenzione internazionale e da norme comunitarie, nazionali e regionali. Attualmente è in vigore un piano di gestione adottato ma non ancora approvato.
Perché?
Nel tempo la Laguna è stata utilizzata come serbatoio “nascosto” di sostanze, spesso pericolose rilasciate dal bacino scolante (es. nitrati, fitofarmaci, metalli pesanti, inquinamento biologico) e da eccessive pressioni interne. E’ inoltre sottoposta a un duplice processo: di marinizzazione, a seguito della crisi climatica globale, con il progressivo innalzamento del mare e di subsidenza, ovvero di abbassamento del suolo, che coinvolge anche le fasce perilagunari causato anche dall’eccessiva estrazione d’acqua dalle falde artesiane. Fenomeno quest’ultimo denunciato più volte da Legambiente.
La Laguna rimane un importante scrigno di biodiversità ed è per questo che necessita di una gestione mirata e sostenibile delle risorse presenti e di tante azioni di cura e manutenzione per la conservazione delle morfologie e dei valori presenti.
Tutto questo è compatibile con una acciaieria da 3 milioni di tonnellate e con navi che attraversano la Laguna per garantire l’importante metabolismo industriale aggiuntivo? La risposta è no.
Senza considerare l’impatto dei dragaggi che sarebbero necessari, sulla risospensione del mercurio presente nei sedimenti o sulla risalita del cuneo salino con i relativi processi di ingressione e intrusione o ancora su altre attività presenti quali quelle turistiche e servizi connessi.
Approfondimento in tal senso sarebbero doverosi.
Inoltre, gli scenari richiesti ai consulenti dello studio socio-economico commissionato dalla Regione, sono stati solamente due: “con acciaieria”, risultato virtuoso e sistemico o “senza acciaieria” che emerge come scenario grigio e depressivo per l’area. Perché non è stato considerato un ulteriore scenario che promuova / valorizzi altre tipologie di insediamenti manifatturieri, start up innovative e con produzioni a basso impatto ambientale (della green economy), conformi ad approcci che si rifanno all’ecologia industriale e in linea con la strategia regionale per lo sviluppo sostenibile approvata dalla giunta regionale a febbraio?
Una cosa è evidente: la generale scarsa predisposizione all’innovazione e gestione sostenibile della ZIAC stride di fronte a un mosaico di ecosistemi così importante come la Laguna. E’ tempo di rimediare in fretta.
Chiudo ricordando la mozione del Comune di Piombino che richiamando la lettera di Legambiente e WWF avevano inoltrato a luglio ai ministri URSO e PICHETTO FRATIN hanno votato all’unanimità una mozione che impegna il Sindaco e giunta a “sostenere e tutelare le ragioni di Piombino e ad attivarsi con il governo e ministri interessati, con incontri e comunicati di cui rendere conto a questo consiglio comunale affinché il progetto per il polo siderurgico in Friuli Venezia Giulia si è valutato all’interno di una strategia siderurgica nazionale che veda Piombino quale punto centrale di questa politica”. Certo ognuno cura i suoi interessi. Però li i dragaggi non servono, le superfici industriali da recuperare non mancano (600 ha) e non ci sono aree protette nelle vicinanze.
Sandro Cargnelutti, Presidente di Legambiente FVG