Seconda replica di Legambiente a “La mancata diga sull’Isonzo e il Trattato di Osimo”
Il commento (polemico nel passaggio finale) proposto su Il Piccolo del 24 u.s. in replica all’intervento di Legambiente rispetto alla non realizzazione della diga sull’Isonzo rende la cosa troppo semplice. Un trattato internazionale non è un regolamento condominiale, e quindi va letto con molta attenzione.
L’art. 3 del Trattato1 (in verità dall’Accordo per la cooperazione economica allegato al Trattato) afferma che i due governi “raccomanderanno di cooperare” nella realizzazione di impianti idroelettrici, quindi nessun elemento di vincolo ne deriva nei confronti del nostro Paese dal momento in cui questo ha deciso di non partecipare al progetto perché ritenuto non conveniente. Da questo punto di vista va da sé che gli unici particolarmente interessati – lato economico – ad un nuovo impianto idroelettrico
erano proprio gli jugoslavi, tant’è che il progetto della famigerata diga di Salcano era già pronto ben quattro mesi prima della firma del Trattato di Osimo! Mentre per noi italiani gestire congiuntamente tale impianto a suo tempo risultò non conveniente, forse anche a causa del clima politico.
Pertanto la diga realizzata in autonomia dalla ex-Jugoslavia non è quella del trattato, in quanto non edificata in maniera collettiva dai due Paesi. Ne discende che in ossequio al comma successivo, si sarebbe sì dovuto realizzare (mediante joint-ventures) un bacino destinato a migliorare il regime delle acque (chiamato altrove anche bacino di compensazione o rifasamento), ma come inequivocabilmente precisato dal dettato, espressamente in territorio jugoslavo. E va da se che essendo territorio di un altro stato l’iniziativa avrebbe dovuto partire da li.
Nell’articolo apparso ne Il Piccolo del 20 u.s. si afferma invece – sinteticamente – che il trattato prevede che sia l’Italia a realizzare su suolo italiano il bacino di rifasamento e che quindi, non avendolo fatto, il nostro Paese è inadempiente. Come si è visto l’Accordo dice tutt’altro; e come volevasi dimostrare si conferma quanto da noi sostenuto ovvero che le affermazioni dell’articolo pubblicato sono fuorvianti.
In ogni caso Jugoslavia prima e la Slovenia oggi sono stati e restano inadempienti; anche perché non rilasciano le portate che convenzionalmente erano sempre state presenti nel fiume sotto la gestione italiana (~25 m2/s). L’Italia ha il dovere di pretendere il rispetto di tali condizioni, ma pare che la politica sia sempre (o almeno da quaranta anni) con la testa da un’altra parte.
E arriviamo al Canale De Dottori e opere accessorie. Non vi sono dubbi che a fine Ottocento, quando inaugurato, si trattava di opera all’avanguardia che ha giovato non poco all’agricoltura provinciale, e che sia ancora oggi infrastruttura importante per l’economia agraria. Quello che si contesta è che con questo sistema si deviano portate assolutamente ragguardevoli nei periodi di secca quando secondo noi – tolta l’acqua irrigua – il resto dovrebbe rimanere nel fiume. Invece è davvero singolare che in agosto prima della traversa di Sagrado l’acqua – per quanto poca – è presente e scorre nell’alveo e “improvvisamente” dopo la traversa si trova un misero rigagnolo, talvolta neanche quello. L’acqua non sparisce per magia; viene sottratta alla vita del fiume, della flora e della fauna e finisce nel canale e da li in mare a Monfalcone. Quello che diciamo e che tanti hanno detto nel Laboratorio Isonzo è che il sistema andrebbe revisionato anche a fronte delle sfide del cambiamento climatico e del rispetto della normativa europea sulle acque.
Consigliamo la lettura di: AA.VV., 1979. L’Isonzo. Geografia fisica, storica ed economica di un fiume internazionale.
1. L’art. 3 (http://unmig.sviluppoeconomico.gov.it/unmig/norme/73l77.htm) recita: «A tal fine, i due Governi raccomanderanno alle loro rispettive organizzazioni economiche di cooperare, per mezzo di joint ventures, nella costruzione ed utilizzazione comuni di impianti per la produzione di energia elettrica. Nel quadro di questa cooperazione, presenta un interesse particolare la costruzione, nei pressi di Salcano, di una diga sull’Isonzo e di un impianto idroelettrico. Qualora la costruzione di questo impianto non dovesse sembrare conveniente dal punto di vista tecnico o economico, si provvederà a costruire, per mezzo di joint ventures, un bacino in territorio jugoslavo, destinato a migliorare il regime delle acque dell’Isonzo e ad irrigare i terreni situati in territorio italiano a sud di Gorizia. […]»