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Uso dei combustibili da rifiuto nell’industria

Uso dei combustibili da rifiuto nell'industriaComunicato stampa del 15 maggio 2015

Uso dei combustibili da rifiuto nell’industria: le considerazioni di Legambiente

Negli ultimi anni sono state numerose le polemiche scatenatesi a proposito dell’uso dei combustibili da rifiuti, come il CSS, negli impianti industriali esistenti, a partire dai cementifici. Queste polemiche si sono moltiplicate in seguito all’approvazione del decreto Clini nel 2013, grazie anche alla mancata presa di responsabilità da parte delle istituzioni in sede autorizzatoria e all’incapacità da parte delle aziende di attivare percorsi di approvazione aperti e trasparenti con le comunità locali, e spesso hanno fatto passare in secondo piano il principale problema dei cementifici: si tratta di impianti che di per sé, a prescindere dal combustibile utilizzato, sono fortemente impattanti per le loro emissioni in atmosfera (oltre che per quello che avviene prima, con l’escavazione delle materie prime dalle cave) e che già oggi bruciano quantità notevoli di rifiuti industriali diventati combustibili per legge, come il pet-coke.

Secondo il registro europeo delle emissioni, i cementifici costituiscono oggi la seconda tipologia di impianti per quantità di CO2 emessa dopo le centrali termoelettriche. Il cementificio di Fanna con 600.000 tonnellate all’anno di CO2 è oggi di gran lunga l’impianto con le maggiori emissioni della provincia di Pordenone assieme a quello di Travesio che ne emette circa un terzo.

Legambiente nel passato non ha mai demonizzato l’opzione della co-combustione di rifiuti negli impianti esistenti al posto di costruire nuovi inceneritori, ma oggi siamo entrati in una fase nuova, quella dell’economia circolare (dove le materie prime non vengono più estratte, utilizzate una sola volta e gettate via, ma i rifiuti spariscono e il riutilizzo, la riparazione e il riciclaggio diventano la norma come definito anche in sede europea), ed è quindi completamente cambiato lo scenario di riferimento. Oggi l’Italia è in grado di lasciarsi alle spalle le croniche emergenze e i conseguenti disastri ambientali grazie alle sempre più numerose esperienze di gestione sostenibile fondate su riciclaggio, raccolte differenziate sempre più spinte, sistemi di tariffazione puntuale, riuso e politiche locali di prevenzione. Si sono create nuove opportunità ambientali, economiche e sociali e l’innovazione impiantistica della valorizzazione dei rifiuti, anche speciali, delle fabbriche dei materiali rende possibile la massimizzazione del riciclaggio, anche delle frazioni fino ad oggi avviate a incenerimento e smaltimento. Grazie all’innovazione gestionale e impiantistica oggi è quindi possibile uscire dall’era delle discariche e della combustione dei rifiuti.

Numerosi studi di carattere sanitario evidenziano sempre con maggior risalto gli effetti dell’inquinamento dell’aria sulla salute umana, ma anche effetti cronici e a lungo termine dovuti all’esposizione a inquinanti presenti dell’aria e nelle altre matrici ambientali che entrano nella catena alimentare.

Il problema principale è quindi quello di diminuire il rilevante inquinamento atmosferico causato da questi impianti unificando i limiti di emissione al caso della co-combustione e di valutarne nei casi più obsoleti la chiusura e la riconversione ad altre attività (come ad esempio Enel sta pensando di fare con 23 vecchie centrali a carbone), cercando di ricollocare il personale coinvolto. Per molti cementifici infatti la priorità su cui lavorare è la loro chiusura, visti il surplus nazionale di offerta, l’inquinamento causato e la loro localizzazione.

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