Recuperare il progetto di ricerca scientifica originaria con cicogne ed ibis; gestire l’Oasi utilizzando competenze veterinarie e naturalistiche; riaprire al più presto alle visite recuperando la capacità didattica e ricreativa e la promozione del territorio.
Legambiente FVG ha in corso la formazione di un proprio circolo territoriale nell’area del Friuli collinare e per questo ha seguito nei mesi scorsi la situazione critica in cui versava l’Oasi dei Quadri di Fagagna, con visite all’Oasi stessa, verifica di pareri e relazioni tecniche, incontri sia con l’Amministrazione comunale che con l’associazione di volontari che ha gestito in convenzione l’Oasi.
Legambiente ha quindi potuto riscontrare che la realtà esistente, pur avendo ottenuto nel tempo conferma di essere un punto di attrazione per visitatori e scolaresche e in grado di promuovere l’identità del territorio, non aveva più le finalità originarie di reintrodurre le cicogne e studiare l’ibis eremita.
L’introduzione di altre e numerose specie di anatidi e di testuggini, pur ovviamente ampliando “l’offerta” per i visitatori ha provocato nel tempo, come documentato da pareri tecnici, una sovrappopolazione eccessiva dell’Oasi e alcuni “danni collaterali” come l’ibridazione delle specie presenti.
Legambiente quindi condivide la necessità, positivamente avviata dal Comune, di riconsiderare il progetto e la gestione dell’Oasi, tenendo presenti e facendo convivere ricerca scientifica, reintroduzione e salvaguardia delle specie, fruizione didattica e ricreativa, come già accade in altre aree protette presenti in regione.
Legambiente quindi non condivide l’ipotesi di creare un giardino zoologico, soluzione nella quale prevarrebbe l’aspetto economico su quello territoriale, scientifico e didattico, e che non sembra per altro adeguato ad una gestione economica comunale.
Legambiente è preoccupata che i rapporti, che sulla stampa appaiono oggi tesi, fra proprietà e gestione non si ripercuotano sugli animali presenti e sulle loro condizioni di salute, in particolare perché la situazione climatica, caldo e siccità, intervengono in una situazione di affollamento molto superiore a quella ritenuta idonea, con relativo inquinamento dell’acqua disponibile in quantità non sufficienti, con animali già in passato vittime di morie in periodi simili e non abituati ad alimentarsi in modo indipendente.
Legambiente, dopo essersi confrontata anche con altre associazioni di protezione ambientale, esprime quindi l’auspicio che
- la transizione a diverse modalità gestionali, con la presenza di opportune figure e competenze veterinarie e naturaliste sin qui marginali, avvenga informando la comunità locale e le associazioni di protezione, e
- che possa mantenere sia le caratteristiche originali del progetto tecnico scientifico, salvaguardando gli animali presenti ora e quelli che poi resteranno, mantenendo la capacità di richiamare visitatori e dare qualità al territorio, come verificatosi possibile anche in numerose altre località regionali, anche ampliando all’intera area di oltre 100 ettari opportune misure ed interventi di tutela e valorizzazione.