Il Tagliamento, tra le “Anime” e il Terremoto

Il fiume Tagliamento non è uno solo. Dal punto di vista sociale, si possono distinguere (con l’accetta) tre “anime”, ciascuna con caratteristiche e attese diverse da parte delle comunità che lo abitano.
Nell’Alto Bacino, il Tagliamento è per buona parte un fiume negato. Le sue acque vengono captate e deviate per fini idroelettrici, per essere poi restituite solo a Peonis, dove il fiume “rinasce” una prima volta. Qui, la comunità chiede a gran voce la riqualificazione dei tratti critici, come Lago dei Tre Comuni. Inoltre, si fa strada la richiesta, dall’interno, di un maggiore protagonismo del territorio nella futura governance del grande idroelettrico, ora che la concessione si avvia alla scadenza.
Il Medio Tagliamento è il tratto che l’ecologo tedesco Norbert Müller definiva con ammirazione “Der Tagliamento König der Alpenflüsse” (il Tagliamento Re dei Fiumi Alpini). Nonostante anche qui l’alveo si sia ristretto e inciso, rimane una meraviglia della natura con la sua ampiezza unica, i canali intrecciati, le isole vegetate e le barre di ghiaia che si formano e disfano continuamente. Le aspettative delle comunità rivierasche, insieme alla comunità scientifica internazionale e alle associazioni ambientaliste, sono chiare: la tutela e la conservazione di queste caratteristiche distintive, sempre più rare e non solo sulle Alpi.
Il Basso Corso si presenta con un unico canale, in parte pensile, “semplificato” da opere di “drizzamento” che si sono rivelate inefficaci, diversamente dalle necessarie opere di rinforzo arginale sulla sponda sx. Nonostante ciò, la sua foce cuspidata è considerata la più bella dell’Adriatico. Qui, la richiesta principale delle istituzioni e delle popolazioni locali è una maggiore sicurezza, consapevoli che la fragilità arginale rappresenta la fonte principale di pericolo in caso di piena.
Anche le proteste non sono state uguali: più istituzionali nel basso corso (promosse dai comuni), condivise nel medio corso e promosse per lo più da figure storiche dell’ambientalismo politico nell’alto corso.
Un equilibrio mancato e un approccio obsoleto
Le aspettative di tutte queste comunità rivierasche sono, ovviamente, legittime. Ci si chiede però perché non sia stato ancora trovato un punto di equilibrio in una logica “win-win” per i tre “Tagliamenti”.
Una rilettura attenta della storia degli ultimi 50 anni, unita alle nuove conoscenze e approcci sviluppati dalla “scienza dei fiumi” (che include interventi strutturali e non per la mitigazione del rischio idraulico), può aiutarci a capire. Il fattore che ha diviso le comunità è stato intrinseco al percorso istituzionale intrapreso dopo gli esiti della commissione De Marchi all’inizio degli anni ’70. Si è immaginata un’unica “opera salvifica” che, nell’immaginario delle comunità del basso corso, avrebbe messo la parola fine al rischio idraulico.
Se una scelta come la traversa a Pinzano e uno scolmatore a monte di Latisana (che recapitava nel canale Cavrato) poteva essere comprensibile negli anni ’70, è incomprensibile aver indugiato con questo approccio fino ai giorni nostri. Tutto ciò è discutibile non solo sotto il profilo tecnico, ma anche sociale, in quanto non rimuove, anzi alimenta, le divisioni esistenti lungo il fiume.
La via per uscire dallo schema: valutare la capacità del fiume
È ancora possibile uscire da questo schema? Noi auspichiamo di sì, facendo ciò che non è mai stato fatto in questi 50 anni: valutare le capacità attuali e potenziali del fiume di laminare il picco di piena alla luce delle recenti conoscenze scientifiche e orientamenti comunitari considerando l’intera asta e il reticolo idrico minore. Sarà sufficiente? L’aggiornamento dei modelli idraulici potranno fornirci indicazioni utili in tal senso. Questo chiama in causa anche l’aggiornamento in corso del nuovo piano di governo del territorio: rallentare il deflusso delle acque, per utilizzarle nei periodi siccitosi e per diluire l’energia, ritardando l’onda di piena, durante le fasi alluvionali, si auspica sia uno dei principi chiave del nuovo piano.
Il Tagliamento e il terremoto del 76
Nel 2026 ricorderemo i 50 anni dal terremoto del 1976. Ci vengono in mente alcuni collegamenti con quanto scritto sopra:
· nella legge sulla ricostruzione erano presenti anche i finanziamenti per la sicurezza idraulica del Tagliamento;
· I sedimenti del fiume hanno contribuito alla ricostruzione del Friuli. Purtroppo l’assenza di pianificazione ha concorso nel tempo e fino giorni nostri all’incisione dell’alveo e alla sua disconnessione con le golene, aumentando la velocità delle acque e i rischi connessi nel basso corso. Chiediamo alla Regione che il 2026 sia l’anno buono per la pubblicazione del piano per la gestione sostenibile dei sedimenti lungo l’intera asta. Da molti anni è un obbligo di legge, una necessità funzionale all’ecologia del fiume e alla sicurezza delle comunità. Ma anche una sorta di simbolica restituzione ai servigi offerti dal fiume alla ricostruzione;
· le case si costruiscono dalle fondamenta. Ma ci sembra che non sia così per i progetti che riguardano la sicurezza idraulica sul Tagliamento. La grande opera ha prodotto molti studi, bypassando sistematicamente quello che la natura e la scienza potevano offrire come soluzioni. Ovvero le fondamenta della casa comune in un corretto approccio coevolutivo tra uomo e fiume.
Sandro Cargnelutti
Presidente di Legambiente FVG