Incendi boschivi nel Carso: come impedire nuovi disastri ambientali
Gli incendi boschivi che nell’estate scorsa hanno distrutto o danneggiato seriamente centinaia di ettari di boschi del Carso, hanno messo a dura prova per settimane la capacità di resistenza dei Vigili del fuoco, dei tecnici del Corpo forestale regionale, della Protezione Civile e dei volontari antincendio boschivo. Ma, passato lo spavento, il tema sembra non essere più d’attualità per i decisori politici e nemmeno per i media.
Crediamo, invece, che sia necessaria una riflessione collettiva sulle cause che hanno determinato la più grave emergenza incendio di cui abbiamo memoria e sulle misure di prevenzione attiva che avrebbero potuto ridurre il rischio e limitare i danni, sia in rapporto alle cause d’innesco del fuoco, sia in relazione ai fattori di propagazione degli incendi. Uno di questi è l’abbandono della gestione dei boschi, con il conseguente deperimento strutturale e l’enorme quantità di legno secco altamente infiammabile, mentre invece la crisi climatica richiede una lungimirante gestione attiva dei boschi per aumentarne la resilienza e per valorizzare al massimo le loro funzioni ecosistemiche di adattamento climatico e di sequestro della CO2.
A quanto ammontano i danni ambientali ed economici diretti e indiretti provocati dagli incendi di questa estate, inclusa la perdita dei servizi ecosistemici e l’emissione di sostanze tossiche e di CO2? Perché non c’è informazione su questo?
Nella fase di emergenza è mancato un sistema di monitoraggio in tempo reale della qualità dell’aria che consentisse di decidere razionalmente le misure di protezione da comunicare alla popolazione e le modalità di tale comunicazione. A Gorizia, nel pomeriggio del 19 luglio, un grande fronte di fumo ha raggiunto la città ricoprendola per diverse ore senza che venissero date indicazioni ufficiali alla popolazione, mentre misuratori privati rilevavano un picco di 500 μg/mc. E’ evidente che i piani comunali di protezione civile devono essere integrati rispetto al rischio derivante dai fumi e dalle polveri sottili derivanti da incendi.
Alla luce del cambiamento climatico l’emergenza degli incendi non termina con lo spegnimento, ma si ripropone per la maggiore difficoltà di ricostruzione degli habitat boschivi e col pericolo della colonizzazione delle piante aliene invasive, come l’ailanto. Come sono e saranno monitorate le dinamiche della vegetazione nelle aree colpite dal fuoco? Quali potranno essere le attività silvicolturali da avviare immediatamente per favorire la ricostruzione dei boschi? Gli strumenti normativi per fare attivare i proprietari privati sono adeguati? Che ruolo svolgono e quale aiuto possono dare le comunità locali e il volontariato in tutto ciò?
Lo scorso fine settimana, nel Carso sloveno, a Cerje, è stata realizzata la seconda giornata di rimboschimento dopo gli incendi, con la partecipazione di circa 1000 persone provenienti da tutta la Slovenia, gruppi studenteschi, gruppi aziendali, famiglie munite di pala e piccone, sotto la direzione dei forestali. Sono state messe a dimora di 18.000 piantine di alberi forestali. L’iniziativa rientra nella campagna “Insieme per il Carso” con cui sono stati raccolti 220.000 euro, che saranno utilizzati per l’acquisto di piantine di alberi e per la sistemazione del vivaio forestale. Verrà inoltre studiato l’impatto del cambiamento climatico sulla crescita delle piantine e sul ripristino delle foreste danneggiate dagli incendi boschivi. L’importanza attribuita al problema dagli sloveni è dimostrata anche dal progetto per la ricostruzione dei boschi del Carso che è stato redatto dall’Istituto forestale nazionale e che è attualmente in fase di consultazione pubblica.
Confrontare quanto avviene in Slovenia con lo scenario nostrano è sconfortante. Passata la paura e l’emozione ci si è dimenticati del problema, pur sapendo che i nostri boschi presentano un elevato indice di rischio incendio e che tutti i parametri indicano un aggravamento futuro. Questa passività non ce la possiamo permettere!