L’idrogeno può fornire un contributo alla transizione energetica, ma non sarà l’unica, né la principale risposta alla decarbonizzazione
Queste le conclusioni della conferenza di Legambiente su un argomento sempre più all’ordine del giorno.
Che ruolo potrà avere l’Idrogeno nella transizione energetica? A spiegarlo, nell’incontro “Non ci capisco un H2: Idrogeno, scenari di utilizzo per la decarbonizzazione”, organizzato da Legambiente mercoledì sera al Palazzetto Veneto a Monfalcone, il professor Rodolfo Taccani, dell’Università di Trieste.
In teoria, le applicazioni sono molteplici e tecnologicamente percorribili ma i problemi, come ribadito dal professore, sono però consistenti e vanno dalla bassa efficienza dell’Idrogeno associata al processo di produzione, distribuzione ed utilizzo, ai costi che sono, per ora, molto elevati. Nonostante ciò, alcuni settori potrebbero beneficiare da un impiego di questo vettore energetico: l’industria pesante, come la siderurgia (dove l’elettrificazione non sarebbe percorribile), alcune tipologie di trasporto, da quello marittimo a quello aereo a corto raggio, al trasporto su strada con camion per trasporti a lungo raggio, escludendone l’impiego sui veicoli leggeri, per i quali la mobilità elettrica, largamente più efficiente e meno costosa, è già tecnologicamente matura.
Il professor Taccani ha illustrato al numeroso pubblico il funzionamento di un generatore a cella a combustibile, utilizzando un modello portato per l’occasione. Tale dispositivo è in grado di convertire l’idrogeno in elettricità senza produrre alcun inquinamento, poiché gli unici sottoprodotti sono acqua e calore.
Sollecitato dalle domande della giornalista e scrittrice Elisa Cozzarini, Taccani ha ribadito il ruolo strategico per il futuro dell’idrogeno verde, cioè quello ricavato da fonti rinnovabili, pur se ad oggi costituisce meno dell’1% di tutto l’idrogeno che viene prodotto. Il resto viene soprattutto ricavato sfruttando il gas naturale, un sistema di produzione da non prendere in considerazione al pari di quello derivante dal nucleare.
Ma relativamente alla ventilata possibilità di addizionare l’idrogeno con il gas naturale nella riconversione della centrale termoelettrica di A2A? Pur se tecnologicamente possibile in percentuali del 10, 20%, ha affermato il professore, l’utilizzo di idrogeno in una centrale termoelettrica sarebbe poco comprensibile, considerate le perdite di efficienza ed i costi elevati. L’idrogeno, in futuro, dovrà essere destinato ai settori prioritari dell’industria energivora e del trasporto pesante. La conferma di quanto più volte affermato da Legambiente che l’ipotesi di utilizzare l’idrogeno nella riconversione della centrale non è altro che uno specchietto per le allodole e lo zuccherino per indorare la tossica pillola di una nuova centrale a gas da oltre 800 MW.
Alla fine, tanto rumore per nulla? Non si usa troppa enfasi per esaltare il ruolo dell’idrogeno nel processo di decarbonizzazione? ha ricordato nell’intervento conclusivo il presidente di Legambiente Monfalcone, Michele Tonzar, aggiungendo che il tutto andrebbe ricondotto a scenari di utilizzo più plausibili sottolineando che le ingenti risorse economiche messe a disposizione anche con il PNRR, rischiano di essere sottratte alle rinnovabili.
In conclusione, il professore, nel ricordare che la miglior fonte di energia è il risparmio energetico, a partire dall’apporto personale che può dare ognuno di noi, ha espresso la convinzione che l’idrogeno verde avrà sempre più un ruolo fondamentale nella transizione da una produzione di energia fondato sui combustibili fossili ad un sistema basato sull’azzeramento delle emissioni di CO2.