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Legambiente: il sistema elettrico in Italia ha già troppa potenza alimentata da fossili. Lo certifica uno studio del Centre for Research on Energy and Clean Air (CREA)

Nessuna emergenza energetica, la potenza elettrica installata in Italia è ampiamente in grado di sopperire al fabbisogno di elettricità, come certifica lo studio del Centre for Research on Energy and Clean Air (CREA), un’organizzazione di ricerca indipendente che sostiene che ci sono 8,7 GW di potenza da fossili in più rispetto a quanto necessario a soddisfare la domanda di picco più una riserva aggiuntiva del 15%. Piuttosto, siamo nel pieno di una crisi climatica che, con mille difficoltà e contraddizioni, le Nazioni Unite, nella recente COP 26 sui cambiamenti climatici cerca di arginare. A questo proposito, va ricordato che, a Glasgow, l’Italia ha sottoscritto, tra gli altri, un accordo con il quale si impegna a non usare più denaro pubblico per sostenere i combustibili fossili entro il 2022. Pare che il Ministero della “Finzione” ecologica, Sindacati nostrani, Confindustria e buona parte dei partiti politici siano in un altro pianeta e di questo non se ne curino affatto.

Se questi soggetti vogliono cercare di mettere un freno all’aumento dei costi dell’energia e calmierare i sovrapprezzi nelle bollette elettriche, dovuti all’aver puntato in maniera ottusa solo sul gas negli ultimi anni, potrebbero adoperarsi per accelerare le autorizzazioni degli impianti di energie rinnovabili, le uniche in grado di liberarci dalla dipendenza e dalle importazioni delle fonti fossili e inquinanti: nove progetti eolici su dieci sono bloccati negli uffici pubblici, in attesa di ottenere le autorizzazioni, che spesso richiedono tempi biblici (fino a 9 anni in Sardegna)! Invece si continua a pensare solo ad interventi di emergenza come quelli sugli oneri di sistema, sicuramente necessari in questa fase e non solo per le ragioni di aumento attuale dei prezzi, senza pensare a politiche strutturali e risolutive. Oppure, invece di prendere per oro colato le proposte, ancorate al passato, del MiTE (subito fatte proprie da A2A), provare ad esprimere una qualche progettualità alternativa per il sito di Monfalcone, stimolando la Regione (clamorosamente assente a riguardo), l’Autorità portuale e la stessa A2A a pianificare con lungimiranza una diversificazione di attività sull’intera area interessata. Legambiente ha da tempo formulato una proposta, possibile che questi soggetti non siano in grado di fare altrettanto, anziché sostenere l’assurdità che la transizione ecologica deve ancora basarsi su un combustibile fossile qual’è il gas?

Gli investimenti negli impianti a gas, oltre che superflui ed incentivati dal capacity market, ci farebbero restare dipendenti da questa fonte e dunque esposti a rincari dei prezzi come quelli che stiamo vivendo in questo periodo. Una autentica transizione ecologica richiederebbe di fermare subito le nuove centrali a gas senza se e senza ma”.

Tutti i sostenitori del gas, A2A in primis, conoscono certamente la presa di posizione dell’Amministratore delegato di ENEL, Francesco Starace, che in una recente intervista sul Corriere della sera, oltre a negare che la transizione energetica sia tra le cause del caro energia in atto, afferma: “…quand’è che il prezzo del gas è stato stabile? Qualcuno lo sa? Queste commodity vivono di instabilità”. La strada per far scendere i prezzi elettrici, per l’ad di Enel, è quella di abbandonare il gas, come il gruppo si è impegnato a fare entro il 2040: “se avessimo il mix previsto per il 2030, con prevalenza delle rinnovabili, il gas fisserebbe il prezzo del MWh elettrico solo per pochissime ore al giorno l’anno, quindi il prezzo medio dell’energia sarebbe molto più basso, vicino allo zero.”

Chi ha orecchie per intendere, intenda!

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